UNIVERSITA’: Il 36% delle matricole abbandona il Sud (Il Sole 24 Ore)

IL SOLE 24 ORE

Il 36% delle matricole abbandona il Sud
Iscritto solo un giovane su tre: le regioni che «perdono» più studenti residenti sono Calabria, Puglia e Abruzzo

Lun.18 – Il 40% dei 18-20enni italiani è del Mezzogiorno, ma nelle regioni del Sud si incontra solo il 29,2% dei giovani che si sono immatricolati quest’anno all’università. Tra questi due dati, vale la pena sottolinearlo, la distanza in termini proporzionali è del 36,4% e misura il primo effetto evidente dell’emigrazione studentesca da Sud a Nord, che torna a gonfiarsi e rischia di alimentare un circolo vizioso in cui la perdita di giovani qualificati impoverisce il territorio creando le condizioni per un esodo ancora più consistente nei prossimi anni.
Il fenomeno – evidenziato regione per regione nel grafico qui sotto, elaborato sulla base dei dati ufficiali dell’anagrafe nazionale degli studenti su quest’anno accademico – è strutturale e ritorna sostanzialmente immutato se si concentra l’analisi sulle singole aree di studio: da lettere a economia, passando per le facoltà scientifiche e quelle sanitarie, la geografia degli studenti non conosce variazioni e disegna un flusso crescente verso i poli di attrazione del Nord e di Roma.
Ancora qualche numero può essere utile per capire meglio le dimensioni del fenomeno. Il grafico mette a confronto la regione di residenza (cioè di “partenza”, indicata nella colonna a sinistra) dello studente che ha iniziato quest’anno a frequentare l’università con la regione in cui ha sede il corso al quale si è iscritto (indicata nella riga in alto). Gli studenti più stanziali sono quelli del Lazio, che si concentrano nelle università romane ed evitano di andare fuori regione nel 92,6% dei casi. Simile è il comportamento dei lombardi, che accanto al sistema milanese possono puntare su più sedi nel territorio e rimangono in regione al 90,1%, superando di poco il dato della Toscana che registra un 89,2% di permanenza. All’altro capo della graduatoria c’è la Basilicata, che trattiene meno di tre studenti su 10, ma ovviamente il dato delle piccole regioni è influenzato dalle dimensioni del territorio e dalla presenza di poli di attrazione vicini: la maggioranza dei giovani universitari lucani va a studiare in Puglia, come accade ai valdostani con il Piemonte e, anche se in misura minore, ai molisani con l’Abruzzo, in una dinamica di piccoli spostamenti che non configurano una mobilità accademica vera e propria.
Più significativi i dati della Calabria, che “perde” il 36,6% dei propri studenti, nonostante il generoso tentativo di creare a Cosenza l’unica università “residenziale” oggi attiva in Italia, di Puglia e Abruzzo, che vedono partire il 35% degli immatricolati, e della Sicilia, che ne vede partire il 26 per cento. E per superare le distorsioni create dai mini-spostamenti fra regioni confinanti è sufficiente dividere l’Italia accademica in due grandi aree. Si scopre che quest’anno le università del Centro-Nord sono state scelte dal 40,4% degli studenti lucani, dal 35% di abruzzesi e molisani, dal 29% dei pugliesi, dal 27% dei calabresi e dal 26% dei siciliani, mentre solo la Campania mostra una certa tenuta (il 10,5% si sposta verso Nord). Al contrario, rimane nell’area geografica di appartenenza la totalità dei giovani del Centro-Nord, con tassi che oscillano fra il 99,1 e il 99,9 per cento.
Proprio su questo aspetto il panorama accademico italiano mostra il problema più importante, perché la mobilità arricchisce il sistema quando si traduce in uno scambio, ma uno scambio non può ovviamente essere a senso unico. Negli ultimi cinque anni accademici l’università italiana ha visto scendere gli immatricolati di circa 6 punti percentuali, ma la flessione si è concentrata integralmente a Sud con una flessione di un sesto (76mila nuovi ingressi nel 2015/2016 contro i 90mila del 2010/2011). Ad aggravare il problema c’è ovviamente il fatto che spostarsi costa ed è quindi un’opportunità negata a chi non ha le condizioni economiche per farlo. Sul punto interviene l’altra frattura dell’Italia accademica, quella che a Nord riconosce le borse di studio a tutti gli studenti che ne hanno diritto, mentre al Sud ne lascia scoperti il 70% in Sicilia, quasi il 60% in Calabria e circa la metà in Campania. Una divisione, quest’ultima, “rotta” solo dal Piemonte, che però da quest’anno annuncia di essere tornato alla copertura totale dopo i tagli imposti dalla giunta precedente. Gianni Trovati

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