UNIONE EUROPEA: Sulle parcelle legali legittima l’imposizione Iva (Il Sole 24 Ore)

IL SOLE 24 ORE

Corte Ue. Compatibilità con la normativa europea
Sulle parcelle legali legittima l’imposizione Iva

Via libera alla soppressione dell’esenzione dall’Iva per i servizi prestati dagli avvocati. Nessuna violazione del diritto Ue nella decisione di uno Stato che, con legge, modifica il sistema interno e passa da un meccanismo di esenzione all’obbligo di versare l’imposta.
Lo ha precisato la Corte di giustizia dell’Unione europea nella sentenza del 28 luglio (C-543/14) con la quale Lussemburgo ha tracciato i contorni della direttiva 2006/112 sul sistema comune d’imposta sul valore aggiunto in rapporto all’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea che assicura il diritto a un ricorso effettivo, nel quale è incluso quello di farsi assistere da un avvocato.
Questi i fatti. Le autorità nazionali belghe avevano adottato una legge che poneva fine all’esenzione dall’Iva per i servizi prestati dagli avvocati nell’esercizio della loro attività abituale. Si era passati da un sistema di esenzione dell’aliquota Iva del 21% all’obbligo di versamento, con esclusione di chi usufruisce del gratuito patrocinio. Il provvedimento legislativo era stato impugnato dinanzi alla Corte costituzionale belga, che ha sospeso il procedimento e chiesto alla Corte Ue di interpretare alcune disposizioni della direttiva 2006/112 (recepita in Italia, dopo le modificazioni, con Dlgs 18/2010) e della Carta dei diritti fondamentali.
Nodo centrale della questione è se l’aumento dell’Iva è compatibile con il diritto a un ricorso effettivo e con il principio della parità delle armi, visto che l’introduzione dell’aliquota non colpisce chi beneficia del gratuito patrocinio gravando, così, solo su una parte.
La Corte di giustizia riconosce che i costi di un procedimento giudiziario, inclusa l’Iva, «ben possono influire sulla decisione dell’individuo di far valere i propri diritti in giudizio facendosi rappresentare da un avvocato» e che la tassazione può essere messa in discussione se i costi sono insormontabili, rendendo impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio di diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione. Detto questo, però, la Corte ritiene che poiché agli avvocati è riconosciuto un diritto di detrazione per l’acquisto di beni e servizi non è certa la misura in cui i legali riversino l’onere dell’Iva sui propri onorari e, quindi, sui clienti. Se poi il sistema interno è basato sulla libera negoziazione degli onorari e sulla concorrenza, gli avvocati «sono indotti a tener conto della situazione economica dei propri clienti» e procedere a una riduzione degli importi.
Di qui la conclusione, anche tenendo conto che l’importo dell’Iva non è la «frazione più significativa dei costi afferenti a un procedimento giudiziario», del via libera all’inserimento dell’imposta proprio perché non è stata dimostrata la sua incidenza sul diritto alla tutela giurisdizionale effettiva. Stessa conclusione per il principio della parità delle armi, tanto più che questo – osservano gli eurogiudici – non implica l’obbligo di un’assoluta parità per i costi finanziari sopportati nel processo. È vero che l’assoggettamento a un’imposta, a parità di importo dell’onorario, procura un vantaggio «pecuniario all’individuo con qualità di soggetto passivo rispetto all’individuo non soggetto passivo», ma questo non pregiudica l’equilibrio processuale delle parti. Marina Castellaneta

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