SENTENZE: Sottrazione di incapace se c’è il dolo (Il Sole 24 Ore)

IL SOLE 24 ORE

Tribunale di Cagliari. Una donna aveva portato via il marito, infermo totale di mente, da una struttura di ricovero per tenerlo con sé
Sottrazione di incapace se c’è il dolo

Sfugge alla condanna per sottrazione di incapace, la moglie che “preleva” il marito, infermo totale di mente, dalla struttura dov’è ricoverato, e lo porta con sé all’estero per mantenere l’unione familiare. A difettare, è la volontà di commettere il reato.
Lo sottolinea il Tribunale di Cagliari, con sentenza n.3183 depositata il 2 gennaio scorso. Muove il caso, l’accusa mossa a una donna, di aver portato via dal luogo di ricovero il coniuge, incapace di intendere e volere al 100 per cento.
L’uomo, anni prima, era stato colpito da infarto e, persa conoscenza per svariati minuti, aveva subìto perdita di memoria, incapacità motoria e difficoltà di parola.
Di qui, l’ospedalizzazione e la nomina dell’amministratrice di sostegno. Sennonché, come riferito dall’assistente in servizio presso il Centro, la signora, dopo aver fatto visita al marito, né uscì, con la scusa di fare con lui una passeggiata, senza farvi più rientro. Destinazione? Spalato, dove si trasferì assieme alla figlia minore, già autorizzata dal Giudice a frequentarvi le scuole.
Di seguito, però, recatasi con il coniuge presso il consolato italiano, il Console – pur riscontrando le gravi patologie sofferte dall’infermo – riuscì ad «apprendere dallo stesso la sua volontà di poter restare con la propria famiglia».
Questi, infatti, riuscendosi ad esprimere persino in inglese, riferì (come riportato in verbale) il «desiderio di restare in Croazia col coniuge».
L’istruttoria, dunque, non aveva fornito una prova inconfutabile della reale e assoluta mancanza di intendere e volere dell’uomo, sia per carenza di idonea certificazione medica, sia per quanto attestato dal Console.
Del resto, al fine di dimostrarne l’effettivo stato di salute mentale, non poteva ritenersi sufficiente la mera sussistenza di una procedura di amministrazione di sostegno.
Quanto, poi, all’elemento soggettivo del reato, il Tribunale ricorda che il delitto punito dall’articolo 574 del Codice penale sussiste ove si sottragga o si trattenga l’incapace contro la volontà dell’avente diritto (per esempio l’amministratore di sostegno).
Tuttavia, perché scatti la condanna, va provata la coscienza e volontà di commettere il reato. Ebbene, nel caso concreto, la signora aveva avuto solo la volontà di portar via il marito dalla struttura di ricovero, ma non anche la consapevolezza di «porre in essere un’azione delittuosa e, in quanto tale, penalmente sanzionabile».
La donna, difatti, pensava di far bene, adoperandosi per far sì che – come suggeritole dal giudice tutelare della figlia minore in territorio straniero – fosse mantenuta l’unione familiare (tanto che si era subito recata dal Console per informarlo di essere riuscita a ricompattare la famiglia). Si motiva, così, l’assoluzione con formula «perché il fatto non costituisce reato». Selene Pascasi

Foto del profilo di Andrea Gentile

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