SENTENZE: Privacy, esposto con diritto all’anonimato (Il Sole 24 Ore)

IL SOLE 24 ORE

Tar del Lazio. Bocciata la richiesta di accesso alle segnalazioni inviate al Garante
Privacy, esposto con diritto all’anonimato

L’accesso alle segnalazioni inviate al Garante della privacy su presunte violazioni nel trattamento dei dati personali farebbe venir meno il potere di controllo alternativo e le forme di tutela affidati dal legislatore a questo tipo di strumenti di garanzia, posto che chi li utilizza ha lo stesso diritto alla riservatezza riconosciuto ai lavoratori che rilasciano dichiarazioni agli ispettori del lavoro.
Il Tar del Lazio – sentenza 3364/2016, sezione prima-quater, 18 marzo – ha bocciato così il ricorso di una titolare di agenzia di elaborazione dati che aveva chiesto al Garante di accedere a un esposto-denuncia su un presunto trattamento illecito dei “dati sensibili” nella propria attività. Il Garante, che aveva archiviato il caso avendo accertato l’assenza di violazioni al Codice in materia di protezione di dati personali (Dlgs 196/2003), aveva respinto la richiesta poiché gli atti non avevano danneggiato la ricorrente e questa non aveva «alcun interesse diretto, concreto e attuale» a difendersi. La ricorrente sosteneva invece di aver diritto a conoscerli come soggetto interessato dai controlli, e che così avrebbe potuto chiedere ai responsabili di risarcirle i danni subiti per un’ispezione domiciliare, oltre a verificare l’ipotesi di calunnia.
I giudici hanno spiegato che in questi casi il diritto d’accesso va bilanciato con le forme di tutela riconosciute dal legislatore agli strumenti alternativi a garanzia della protezione dei dati personali quali il «reclamo circostanziato», la «segnalazione» e il «ricorso» (articolo 141, Codice privacy), garantendo l’«anonimato di chi, esercitando un diritto espressamente previsto dall’ordinamento, si pone quale stimolo dei poteri di accertamento e di controllo, anche a mezzo di ispezioni, propri del Garante…». Per il Tar, anche per le segnalazioni vale l’indirizzo generale del Consiglio di Stato che tutela la privacy nei controlli sui contratti di lavoro (sentenza 5779/2014) per cui la «riservatezza di chi rende dichiarazioni in sede ispettiva assume una peculiare rilevanza, onde scongiurare eventuali ritorsioni o indebite pressioni da parte del soggetto nei cui confronti sono state rese le dichiarazioni, ma anche, (e, ritiene il Collegio, soprattutto) per preservare, su di un piano più ampio, il generale interesse ad un compiuto controllo delle attività oggetto di ispezione…».
Quindi, anche se il diritto d’accesso prevale su quello alla riservatezza quando la conoscenza degli atti è necessaria alla difesa dei propri interessi giuridici (comma 7, articolo 24, legge 241/1990), in questi casi «esiste, sullo sfondo, un preminente interesse dell’ordinamento giuridico, quale la tutela dei dati personali come declinata nei diversi mezzi pure previsti dal legislatore, che è altrettanto meritevole di essere preservato nella sua integrità ed effettività», posto che le segnalazioni, insieme ai ricorsi e ai reclami, garantiscono al potere di controllo del Garante «la più completa ed esauriente esplicazione…» a prescindere dall’esito. Non può dunque essere ammesso l’invocato diritto a identificare chi segnala presunti abusi poiché «si risolverebbe, di fatto, in un depotenziamento di questo utile strumento posto a tutela di un bene giuridico considerato di particolare rilievo, quali sono, appunto, i “dati personali”». Francesco Clemente

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