SENTENZE: Da Milano doppio «no» alla stepchild adoption (Il Sole 24 Ore

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Diritto di famiglia. Contro l’orientamento della Cassazione
Da Milano doppio «no» alla stepchild adoption

Lun.12 – Un passo indietro per la stepchild adoption, la possibilità di adottare il figlio del partner. Dopo l’apertura della Cassazione di qualche mese fa (sentenza 12962 del 22 giugno 2016), arriva lo stop del Tribunale dei minorenni di Milano: che, con due sentenze (261 e 268 del 2016), ha negato l’adozione del figlio del compagno all’interno di due coppie di fatto, una omosessuale e l’altra eterosessuale.
Le norme
La legge sull’adozione (184/83), oltre al percorso “ordinario”, disciplina, all’articolo 44, l’adozione «in casi particolari». Tra l’altro, l’articolo 44, comma 1, lettera b), ammette l’adozione del figlio del «coniuge», termine che rende problematica l’estensione alle coppie non sposate. Chi chiede l’adozione del figlio del partner di fatto fa invece appello all’articolo 44, comma 1, lettera d), relativo all’adozione nei casi di «constatata impossibilità di affidamento preadottivo», aperta, in base all’articolo 44, comma 3, anche a chi non è sposato.
Né il quadro è mutato dopo l’introduzione (con la legge 76/2016) delle unioni civili per le coppie gay: la legge 76 non interviene sulla legge 184 ma si limita a dire che «resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti».
La Cassazione
La Cassazione, con la sentenza 12962/2016, ha ammesso la stepchild adoption all’interno di una coppia omosessuale dando un’interpretazione estensiva all’articolo 44, comma 1, lettera d), della legge 184/83. Per i giudici della Suprema corte, che hanno escluso la richiesta di rinvio del procuratore generale alle Sezioni unite, l’impossibilità di affidamento preadottivo non va qualificata come “impossibilità di fatto” (che impone che i minori si trovino in stato di abbandono), ma come “impossibilità di diritto” (che prescinde dall’abbandono e riguarda casi in cui non ci siano le condizioni per l’adozione ma l’interesse concreto al riconoscimento di un rapporto di genitorialità). Questo perché, secondo la Cassazione, quello che rileva è l’interesse superiore del minore ad avere due genitori.
Le sentenze di Milano
Il Tribunale di Milano ha preso le distanze dalla Cassazione con due pronunce contrarie a questo orientamento. Secondo i giudici, lo stato di abbandono è un presupposto imprescindibile per l’adozione nel caso speciale previsto dall’articolo 44, comma 1, lettera d); né le norme consentono interpretazioni estensive, anche se il contesto sociale è mutato: rappresenterebbero un’intromissione dei giudici nella discrezionalità legislativa.
Così, con la sentenza 261/2016 (presidente Zevola, relatore Brambilla), il Tribunale ha negato a due donne l’adozione “incrociata” delle figlie avute con la fecondazione assistita. Per i giudici, le minori non sono in stato di abbandono in quanto «godono, per quanto concerne il loro accudimento, educazione ed affetto sia delle madri biologiche che delle rispettive compagne»; pertanto la richiesta di adozione –deve essere respinta. Né si può applicare l’articolo 44, comma 1, lettera b), che prevede l’adozione del figlio del coniuge, trattandosi di una coppia di conviventi omosessuali. Il tribunale osserva che la legge usa il termine «coniuge» perché solo il matrimonio presenta un vincolo che comporta «l’instaurarsi di una cornice giuridica nella coppia che ricade come sicurezza anche sul minore».
Con la sentenza 268/2016 (presidente e relatore Zevola), il tribunale ha poi negato l’adozione del figlio della convivente a un uomo che l’aveva chiesta perché il padre biologico del minore, pur in vita, non si era mai occupato né materialmente né moralmente di lui. Anche qui, secondo i giudici, mancando lo stato di abbandono del minore non può darsi luogo all’adozione prevista dall’articolo 44, comma 1, lettera d). Peraltro, il pubblico ministero, nel suo parere, aveva evidenziato la necessità di sollevare la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 44, comma 1, lettera b), perché consentel’adozione solo al coniuge e non al convivente, anche se la relazione è stabile e duratura. Ma il tribunale non ha accolto la richiesta del procuratore, ritenendo la questione «manifestamente infondata». Marisa Marraffino

Foto del profilo di Andrea Gentile

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