PREVIDENZA: La crisi pesa sulle professioni (Italia Oggi)

ITALIA OGGI
Presentato a Roma il rapporto di Fondazione Inarcassa. Dal governo segnali positivi
La crisi pesa sulle professioni
Per architetti e ingegneri redditi più bassi d’Europa

«Emblematica». Così è stata definita la condizione lavorativa di ingegneri e architetti nello studio presentato da Fondazione Inarcassa (braccio operativo sui temi della professione creato da Inarcassa) in collaborazione con la Fondazione Eyu. Obiettivo: fissare le criticità che hanno portato al deterioramento del terziario avanzato e analizzare l’attuale impianto legislativo che interessa la categoria, anche attraverso la ricerca ragionata di ciò che avviene in Europa. Illustrato nel corso di un incontro a porte chiuse presso la Camera di commercio, alla presenza, tra gli altri, di Maurizio Sacconi, presidente commissione lavoro e previdenza sociale al Senato, Annamaria Parente, membro commissione lavoro al senato e Marco Leonardi, consigliere economico presso la presidenza del Consiglio dei ministri, il rapporto analizza l’impatto della crisi economica e della contrazione dei consumi sul lavoro indipendente, che nel nostro Paese, ancora oggi, rappresenta un quarto degli occupati. Una quota, ancorché in decrescita, decisamente più elevata della media europea. A farne le spese, dunque, il reddito dei professionisti autonomi, diminuito tra il 2007 e il 2014 di oltre il 18% (fonte Adepp), e in particolare la categoria degli ingegneri e degli architetti. Secondo il Cresme, infatti, in 6 anni (tra il 2006 e il 2015), il calo del fatturato per gli architetti è stato del 33%, per gli studi di ingegneria del 23% e del 20% per i geometri; ossia ben 10 mila euro in meno rispetto alla media europea. In Italia il settore delle costruzioni, da sempre ritenuto strategico per il paese, ha così perso il maggior numero di occupati durante la crisi (-24,4%). Un risultato sconfortante, paragonabile solo a quello conseguito dai vicini spagnoli, soprattutto se si pensa che nella nostra penisola vi è, in assoluto, il più alto numero di architetti (oltre 150 mila).
È chiaro ed evidente che le cause sono state molteplici, a cominciare dalla contrazione dei consumi interni, per passare all’indebitamento sia da parte dei privati sia da parte delle p.a.. Una situazione che ha impattato inevitabilmente sulle prestazioni offerte, sempre più legate ad adempimenti tecnico-burocratici (redazione capitolati, perizie, ecc.) e sempre meno agli aspetti propri dell’architettura. E la situazione non migliora neanche per gli ingegneri. Infatti, nel 2013, il calo dei fatturati è stato del 4,1%, per gli iscritti a Inarcassa e del 13,6% per le società di ingegneria. A pesare sui conti della categoria sono stati anche i ritardi nei pagamenti. Basti pensare che, sempre nel 2013, la percentuale di architetti con crediti residui si è attestata al 68% (+6% rispetto al 2012). Addirittura nel 2015 i giorni necessari per vedersi saldare una fattura da parte della p.a. sono arrivati a 141, portando il 31% dei professionisti a indebitarsi con banche e fornitori.
Nel passaggio della crisi un aspetto negativo ha riguardato la collocazione professionale di questo lavoro, soprattutto tra i più giovani. Rispetto ai primi anni del Duemila, quando gli studi segnalavano una crescita del lavoro autonomo terziario a più alta qualificazione, si è registrato un sostanziale cambiamento, in peggio per molti versi, in particolare tra le professioni non regolamentate e tra gli indipendenti economicamente dipendenti. A farne le spese soprattutto collaboratori e professionisti con partita Iva (soprattutto i mono-committenti), che si trovano di fronte a una limitata domanda di lavoro qualificato nei settori del terziario avanzato e optano per la scelta, più o meno obbligata, di ripiegare sul lavoro autonomo in alternativa al lavoro dipendente. Al netto delle perdite occupazionali fatte registrare un po’ in tutti i comparti, il caso italiano risalta nel confronto europeo, per la debolezza del terziario avanzato e delle professioni intellettuali ad alta qualificazione.
La crisi ha, quindi, aggravato ulteriormente una situazione già compromessa, segnalando una controtendenza preoccupante rispetto alla dinamica europea. La debolezza del terziario avanzato italiano riguarda anzitutto i servizi e quei settori nei quali molti freelance e lavoratori indipendenti sperimentano crescenti difficoltà in termini di redditi e capacità di competere sul mercato. I dati sulla caduta dei redditi sono sintomo di una condizione di forte deterioramento del mercato dei servizi ad alta qualificazione che quasi non ha eguali in Europa, soprattutto per alcune professioni. A essere colpiti anche altri settori nevralgici del sistema produttivo italiano come il manifatturiero e le costruzioni; per effetto del calo dei fatturati e della domanda interna ma anche per il basso valore aggiunto attribuito a questi stessi comparti (in particolare le costruzioni e l’edilizia).
In un contesto assolutamente negativo, la categoria degli architetti e degli ingegneri, con la proverbiale creatività e fantasia, cerca di superare il profondo malessere attraverso la creazione di co-working, di nuove forme aggregative e piani di espansione dell’attività professionale all’estero. Una difficile trasformazione che, come sottolinea Andrea Tomasi, presidente della Fondazione, deve essere adeguatamente supportata: «In questo quadro il Jobs Act per gli autonomi è certamente sintomo di una nuova attenzione riservata dal governo al mondo delle partite Iva e delle professioni ordinistiche, con la finalità di tutelare il lavoro autonomo al fine di riaffermarne la dignità e l’importanza anche per l’economia nazionale. Esso rappresenta anche un primo tassello per la creazione di opportunità di lavoro e per lo sviluppo di filiere produttive nel settore delle costruzioni, con riferimento al quale ci aspettiamo che il nuovo codice degli appalti dia un’effettiva spinta al processo di semplificazione e al riconoscimento del fondamentale ruolo della qualità architettonica, riaffermando così la centralità della progettazione che si è persa in questi anni».
Il Jobs Act per gli autonomi arriva così a seguito dell’intervento di disciplina del regime dei minimi (introdotto nel 2014) con la riduzione al 5% dell’aliquota d’imposta per i primi cinque anni di attività e con un generale innalzamento dei limiti dei ricavi al di sotto dei quali i contribuenti possono accedere e permanere nel regime fiscale agevolato.
Attenzione dunque da parte del governo, come assicura Filippo Taddei, Responsabile economico del Pd: «Continua l’impegno del Partito democratico, anche attraverso il lavoro della sua Fondazione di studi Eyu e in collaborazione con la Fondazione Inarcassa, nell’estendere le tutele del lavoro autonomo seguendo le effettive esigenze delle sue molteplici sfaccettature. Infatti, attraverso questo studio, dopo aver approfondito le specifiche esigenze di architetti e ingegneri, abbiamo affrontato, con alcuni loro rappresentanti, possibili soluzioni per offrire a questo importante settore del lavoro autonomo tutele efficaci».

Foto del profilo di Andrea Gentile

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