PREVIDENZA: “Casse, no alle gare per i gestori degli investimenti” (La Repubblica – Affari e Finanza)

LA REPUBBLICA – Affari e Finanza

“Casse, no alle gare per i gestori degli investimenti”
INTERVISTA AD ALBERTO OLIVETI, PRESIDENTE DELL’ ASSOCIAZIONE DEGLI ENTI PREVIDENZIALI DEI PROFESSIONISTI (Adepp): “IL GOVERNO DEVE CORREGGERE IL DECRETO, È UN ERRORE CHE CI DANNEGGIA, NOI NON SIAMO UNA BRANCA DELLA PA”.

Roma, 25 aprile 2016. «Sarà molto complicato selezionare i gestori degli investimenti. Il decreto predisposto dal governo vorrebbe infatti aumentare la competitività e la trasparenza delle casse di previdenza private, ma lo fa con uno strumento sbagliato, estendendo le regole delle burocrazie pubbliche italiane a un ambito che invece dovrebbe ispirarsi alle migliori pratiche di mercato internazionali». Alberto Oliveti, presidente dell’Adepp, l’associazione delle casse di previdenza private, critica l’intervento del governo sugli investimenti di questi enti pensionistici.
In realtà il decreto prevede soltanto la scelta dei gestori con l’evidenza di una gara pubblica. Perché non va bene? «Glielo spiego. Se abbiamo bisogno di investire oggi, con queste regole siamo fortunati se il gestore lo avremo fra tre anni. I ricorsi e i controricorsi saranno all’ ordine del giorno, mentre i grandi gestori mondiali non risponderanno nemmeno ai nostri bandi. Si badi bene: noi facciamo già gare sugli investimenti perché ci permettono di ottenere condizioni migliori e di risparmiare sui costi. Le selezioni però vogliamo farle da privati».
In che senso? «Per esempio, applicando il codice degli appalti pubblici ci diventerebbe impossibile mandare via un gestore che non dà risultati soddisfacenti perché dovremmo fare un’ altra gara per sostituirlo. Immaginiamo con che tempi e con che contenziosi. Non è davvero un meccanismo efficiente».
C’ è altro che non va? «Intanto, questo decreto doveva arrivare nel giro di 6 mesi e invece sono quasi passati 6 anni. Ma la cosa più sorprendente è che tutto d’ un tratto ci ritroviamo dei limiti sulla ripartizione del patrimonio addirittura retroattivi. In più le percentuali massime su determinati tipi di impieghi rischiano perfino di renderci impossibili alcuni investimenti reali nell’ economia italiana, leggi infrastrutture, che lo stesso Governo ci invitava a considerare. Insomma, il testo non è ancora uscito ma è già da migliorare».
Nel decreto si legge che la quota di investimenti in infrastrutture può raggiungere al massimo il 10 per cento… «Sì, ma soltanto se non ci sono troppi immobili (e in qualche cassa ci sono), altrimenti questa percentuale scende ancora. Io credo che le casse potrebbero fare di più investendo in infrastrutture che aiutino la ripresa economica».
Diciannove casse per 2,2 milioni di scritti. Non sono forse troppe? Non avete mai pensato che siano necessari alcuni accorpamenti, almeno per le più piccole? Non si avrebbero così minori costi? «Intanto vorrei ricordare che le casse di previdenza sono soggetti privati a tutti gli effetti e quindi, qualunque cosa vogliano fare, è certo che vogliono deciderlo da sole. Se il governo decidesse a tavolino degli accorpamenti noi non saremmo d’ accordo».
Ma ci state pensando? «Stiamo pensando a come creare delle sinergie. Ad esempio, nel campo dei servizi, stiamo esplorando la possibilità di creare una centrale unica di acquisti ma senza obbligare nessuno. Ogni cassa potrebbe attingere a dei servizi comuni qualora lo trovasse utile. I servizi, comunque, fanno parte di una piattaforma più vasta che tutte le casse dovrebbero condividere e che si chiama Wise».
Che è l’acronimo di che cosa? «Sta per Welfare, Investimenti, Servizi, Europa. Si tratta di un progetto che dà una prima risposta alle sfide del cambiamento: o ci adattiamo o moriamo».
In che consiste il Wise? «Welfare significa che le casse stanno sviluppando, assieme alla funzione primaria di assicurare una pensione ai propri iscritti, forme di assistenza, ad esempio quando una professionista va in maternità o quando c’ è un periodo di interruzione del lavoro. L’ insistenza sugli Investimenti rappresenta il punto di forza dei contributi accantonati, che vengono investiti e accrescono il patrimonio. Dei servizi abbiamo già parlato, e sono destinati a sinergie di scala e di scopo. Europa, infine, significa essere molto attenti a utilizzare tutti i fondi messi a disposizione dell’Unione, ma anche a portare la nostra voce nelle centrali dove si prendono le decisioni sulla previdenza e sui professionisti».
Anche fra le casse private comincia a vedersi un certo conflitto generazionale tra gli anziani e i giovani, che avranno pensioni più basse. Come pensate di affrontare questo problema? «Purtroppo il conflitto generazionale sembra aver sostituito il patto generazionale. Ma se non potremo dare pensioni più alte almeno potremo dare a quelli che oggi sono giovani un aiuto con i sistemi di welfare. Penso ad esempio al sostegno sul credito, sugli infortuni, sulla malattia, sui rischi professionali, sugli immobili, sugli asili nido, sull’ assistenza agli anziani».
Le casse si lamentano perché pagano troppe tasse: il 26 per cento sui rendimenti annuali. «Sì, è davvero troppo, considerando che noi rappresentiamo la previdenza di base (i fondi pensione pagano solo il 20). Riformare la tassazione può avere benefici effetti anche sui giovani. Oggi, lo schema è Esenzione, Tassazione, Tassazione (ETT). Ma in tutti gli altri paesi è EET e ciò consente di avere pensioni più alte. Adriano Bonafede

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