MAGISTRATI: «Un posto a te, un posto a lui Così il Csm a volte fa le nomine» (Il Corriere della Sera)

IL CORRIERE DELLA SERA

Il caso
«Un posto a te, un posto a lui
Così il Csm a volte fa le nomine»
Davigo (Anm) contro le designazioni a pacchetto: sono una prassi orribile

MILANO. È verso la fine della prima Giunta itinerante dell`Associazione
nazionale magistrati neopresieduta da Piercamillo Davigo, quando l`aula
magna milanese comincia a spopolarsi, che si alza un magistrato di Corte d`appello, Barbara Bellerio, giudice ad esempio di uno dei processi ad Alberto Stasi per il delitto di Chiara Poggi a Garlasco, e pone la domanda che allenta la cravatta a un dibattito sino allora inamidato: «Vorrei che l`Anm si occupasse anche delle nomine “a pacchetto” fatte dal Consiglio superiore della
magistratura… Di recente c`è stato un caso anche qui a Milano, non mi interessa il giudizio sulle persone, ma ormai parlano tutti apertamente di
queste scelte lottizzate che fanno inorridire».
Ed è questa sollecitazione, dunque non su casi concreti ma in generale, che Davigo (ex esponente di «Magistratura indipendente» dalla quale è uscito per fondare la corrente di «Autonomia e indipendenza») raccoglie: «Le nomine “a
pacchetto”, all`unanimità, sono una prassi orribile, perché somigliano non alla convergenza su qualità riconosciute, ma all`accordo su “questo posto
a me, quello a te e quell`altro ancora a lui”… Al Csm fanno quello che vogliono, addirittura a volte nelle valutazioni comparative per uno viene
adottato un criterio e poi per un altro lo stesso criterio viene rovesciato. Io sin dall`inizio sono stato critico verso la nuova circolare sui criteri del Csm
per le nomine, non ha affatto ridotto quella discrezionalità che si diceva sarebbe servita a ridurre… Allora io a questo punto dal Csm pretendo però
la trasparenza totale: siccome è al buio che avvengono le porcherie e i baratti, si mettano invece sulla rete Intranet il fascicolo personale e tutte le carte
che la Commissione incarichi direttivi valuta quando sceglie un magistrato, e non mi si dica che non si può fare per esigenze di privacy delle toghe…
Un magistrato che fa domanda per fare il capo di un ufficio fa il piacere di rinunciare alla privacy: così quantomeno si potranno apprezzare le
scelte operate dai consiglieri Csm, e la prossima volta ironizza Davigo – quando uno andrà a votare per il rinnovo del Csm saprà con quale
consigliere prendersela…».
Interviene il vicepresidente di Davigo nell`Anm, Luca Poniz, esponente di Magistratura democratica e pm proprio nella Milano che ha appena visto
il Csm nominare il nuovo capo della Procura e designare il nuovo presidente della Corte d`appello. E lo fa non per contraddire la bordata di Davigo,
se mai per integrarla, con minore fiducia nel rimedio balsamico
della trasparenza online e con una richiesta di autocritica ai colleghi: «Va benissimo mettere tutte le carte in Rete – dice Poniz -, ma non nascondiamoci
che non basterebbe a eliminare quelle distorsioni.
Perché dobbiamo chiederci con onestà se possiamo dire che il problema sia
soltanto dentro il Csm, o se forse sia anche nel corpo della nostra categoria». Aggiunge un altro componente la giunta Anm, Giovanni Tedesco, giudice
civile a Nola: «Sugli incarichi direttivi esiste una questione morale in magistratura: se è pieno di consiglieri Csm che ricevono telefonate, è perché
è pieno di colleghi che telefonano ai consiglieri del Csm…». Telefonate di cui la giudice di sorveglianza Mariolina Panasiti prospetta una curiosa attitudine: «Io sono uscita da poco dal Consiglio giudiziario, e posso dirvi che i pareri
sulla professionalità dei magistrati sono tutti e sempre bellissimi: se si leggessero solo quelli, non si saprebbe chi scegliere. Così la telefonata e il
chiacchiericcio finiscono per essere uno dei criteri valutativi, sul quale può succedere si innesti una perversa deriva». «Stiamo attenti», esorta i
colleghi il giudice civile Federico Rolfi legando questo scorcio di dibattito («l`Anm respinga la logica dei capi giudicati solo sui numeri prodotti»)
ai temi toccati nelle prime due ore, e cioè le marci carenze di cancellieri (il 35% a Milano, su 2 a Busto, denuncia il procuratore aggiunto Giuseppe
D`Amico), le falle del processo telematico, le maxicompetenze ai giudici di pace ampliate dalla riforma della magistratura onoraria («è come l`Emmenthal, ci stanno svuotando da dentro»), il progetto di assorbire
subito la giurisdizione tributaria in quella civile con la sola promessa di un futuribile ingresso di 75o nuovi magistrati: il denominatore comune,
avverte Rolfi, è «lo schiacciarci su una visione impiegatizia della magistratura». Luigi Ferrarella

Foto del profilo di Andrea Gentile

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