L’INTERVISTA/2: Di Casola: «Uffici giudiziari, strutture imbalsamate faticano a seguire i tempi del processo» (Il Mattino)

IL MATTINO

Di Casola: «Uffici giudiziari, strutture imbalsamate
faticano a seguire i tempi del processo»
Carlo Di Casola, ex membro del Csm e oggi penalista: «Un altro problema, organici sempre ridotti»

sab. 28 – Tanti processi e poco personale, sentenze definitive che tardano ad arrivare e smorzano le attese con scarcerazioni per decorrenza o prescrizioni
dei reati. E accade che un processo per terrorismo internazionale non sia ancora iniziato in Appello, a cinque anni dalla sentenza di primo grado.
Come spiegare simili ritardi? «Non conosco il caso specifico ma
ritengo che in linea di massima i ritardi della giustizia siano dovuti a problemi di tipo organizzativo e normativo soprattutto» afferma Carlo Di Casola.
Da ex magistrato, ex giudice della Cassazione ed ex componente del Csm e oggi avvocato penalista ha potuto osservare la giustizia napoletana, e i suoi mali, da tutte le prospettive. «Gli uffici giudiziari sono strutture imbalsamate, che hanno difficoltà a seguire in tempo reale le esigenze del processo. Le garanzie di autonomia e indipendenza dei magistrati, la loro funzione vincolata e la dislocazione che è decisa dal Csm impediscono una mobilità interna che consentirebbe di distribuire i carichi
di lavoro in modo più equo ed efficace e ottimizzare le risorse. Per cui accade che i magistrati di una sezione abbiano poco lavoro e quelli di un`altra siano sommersi dai fascicoli e i capi degli uffici non possono fare molto».
Troppa burocrazia, quindi? «Sì. Garanzia della funzione, ruolo
del magistrato sembrano belle parole ma possono trasformarsi in un peso. E poi c`è un altro problema, contro il quale cercavamo di combattere anche quando ero al Csm: gli organici non si riempiono mai, questo è il punto. I posti messi a concorso sono sempre inferiori rispetto al numero di posti che
restano vacanti perché magistrati vanno in pensione o non sono più in magistratura. E la colpa è di un modello organizzativo che andrebbe cambiato e snellito se non si vuole abbassare la qualità del lavoro dei magistrati».
L`allungamento dei termini di prescrizione può essere una soluzione? «No. È una non soluzione che rischia di diventare ancora più grave del problema. Significa tenere sotto processo, e quindi in sospeso, una
persona vita natural durante. Non lo ritengo degno di un Paese democratico. Non è allungando i tempi della prescrizione che si riesce a garantire il processo equo che l`Europa ci reclama. Penso che sia più opportuno modulare in maniera diversa e più logica i criteri della prescrizione».
Come si può uscire da questi affanni? «Evitando il panpenalismo. Qui tutto può diventare reato e processo penale e i giudici devono farsi carico
di tutti i mali dell`universo. Bisognerebbe snellire, depenalizzare e fare in modo che davanti ai giudici del penale finiscano i reati veramente gravi».

Foto del profilo di Andrea Gentile

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