L’INTERVENTO/4: Giustizia, perché la vera sfida è quella della riforma di Luigi Labruna (Il Mattino)

IL MATTINO
Giustizia, perché la vera sfida è quella della riforma

di Luigi Labruna

Sono passati otto o nove anni, ma i napoletani non hanno dimenticato il can
can suscitato dall`allora pm de Magistris che con sbalorditivo clamore accusò mezzo mondo, ivi compresi suoi colleghi di Catanzaro, di aver complottato per sottrargli le inchieste «Why not» e «Poseidone». Inchieste, che avevano provocato, come si sa, la caduta del governo Prodi e che alla fine si sono risolte in un gigantesco flop. Uno strascico ulteriore di quelle vicende
fu l`avvio presso il tribunale di Salerno di un altro procedimento penale, stavolta per corruzione in atti giudiziari, nei confronti dell`ex pm di Catanzaro Murone, dell`ex procuratore generale sempre di Catanzaro Favi e di alcuni imprenditori, politici e parlamentari. In tale processo il sindaco-pm
accusatore era parte lesa. Bene.
Ieri, dopo oltre cento udienze e quasi due lustri da allora, la prima sezione penale di quel tribunale, presieduta da Gaetano De Luca, ha stabilito che non ci fu nessun complotto e tutti gli imputati sono stati assolti «perché il fatto non sussiste». Leggere le motivazioni della sentenza sarà molto interessante, non solo sul piano giuridico.
Sempre dopo otto anni dell`avvio, c`è un`altra clamorosa vicenda giudiziaria destinata a risolversi in un grande fiasco. Staremo a vedere se i giudici decideranno in conformità, ma è un fatto che l`altro ieri il procuratore della Repubblica di Salerno Montemurro ha chiesto l`assoluzione, «perché i fatti non sono sussistiti e non sussistono», dell`ex sindaco di Salerno, Vincenzo De Luca, ora presidente della Regione, e di tutti gli altri quarantatré imputati con lui di concussione, corruzione, ecc. in un processo (il cosiddetto «Sea
Park») di cui si è scritto ieri ampiamente su queste colonne e che naturalmente ha causato anch`esso non pochi rilevanti effetti di ordine politico. Quando da episodi come quelli che si sono ricordati venga danneggiata la credibilità del sistema giustizia in Italia, occorre ancora una volta con forza sottolinearlo. Per i tormenti immotivati che essi procurano a coloro che vengono ingiustamente accusati e che sono costretti a vivere per decenni con la spada di Dall`ode di una condanna immeritata. Per le violazioni di principi costituzionali che determinano: si pensi (per dirne uno) a quella della «ragionevole durata» dei processi. Per i tanti risvolti di tipo economico e politico che hanno. Per le spesso irrimediabili, turbative alla corretta amministrazione della cosa pubblica che cagionano. Per i guasti etico-politici che la loro non infrequente strumentalizzazione nei confronti degli avversari che vi incappano provocano.
È vero che molti dei ritardi nelle decisioni e delle conseguenti disfunzioni denunciate derivano da penuria di fondi, mancanza di personale ausiliario, utilizzazione speciosa da parte di avvocati e imputati di strumenti processuali a fini dilatori, da diffusa propensione a delinquere (che significa di necessità molte inchieste e altrettanto numerosi processi). Ed è vero pure che la cosa che più sconforta la gente comune è che qualsiasi discorso critico nei confronti di questi andazzi sembra inutile o fatto per favorire i mascalzoni, i ladri o i corrotti della propria parte politica. Ma, spiace dirlo, è pur vero che alcuni pm e giudici ci mettono il loro. Con l`utilizzazione smodata di mezzi investigativi, la mancanza del necessario riserbo, la smania di protagonismo, la propensione di alcuni a utilizzare la notorietà acquisita facendo il proprio mestiere per poi candidarsi a cariche politiche, di governo o di sotto governo.
D`altra parte è inutile dire quanto apolitici e i legislatori siano a loro volta colpevoli. Nel fare male o malissimo leggi ingarbugliate, contraddittorie, emergenziali, inapplicabili. Soprattutto nell`utilizzare il garantismo a corrente alternata e nel ricordarsi della necessità di un funzionamento
rapido ed equilibrato della giustizia quando le inchieste, le rivelazioni giudiziarie, le accuse toccano la propria parte.
A parte il tono, la sostanza del «je accuse» lanciato da Renzi («l`Italia ha conosciuto negli ultimi 25 anni pagine di autentica barbarie legate al giustizialismo») non è del tutto infondata. Ma il presidente del Consiglio dovrebbe chiaramente spiegare perché se ne è ricordato solo ora che in
indagini (all`apparenza non immotivate) sono coinvolti suoi ministri e politici della sua parte e perché le riforme della giustizia da lui e dal competente ministro ripetutamente negli anni annunciate non si sono fatte. E così l`Anm – in cui vi sono non pochi indizi che stia prevalendo uno spirito autoreferenziale – oltre a censurare per bocca del suo presidente i toni usati dal capo del Governo, dovrebbe chiarire perché non impieghi l`indubbia capacità di influenzare la politica di cui (come del resto il Csm) dispone per fa sì che si approvino misure normative eticamente necessarie, e giuridicamente indispensabili per impedire il continuo verificarsi dei guai che tutti riconoscono.

Foto del profilo di Andrea Gentile

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