L’INTERVENTO/2: Intercettazioni, ecco perché la riforma resta urgente di Carlo Nordio (Il Messaggero)

IL MESSAGGERO

Intercettazioni, ecco perché la riforma resta urgente

di Carlo Nordio

Ammonito dai salutari precetti del nuovo presidente dell`associazione nazionale magistrati («la disciplina delle intercettazioni esiste già, non vedo il problema», ha detto il dott. Davigo) il premier Renzi ha replicato che non intende metter mano a nuove modifiche in materia. Non è chiaro se intenda rinunciare alla riforma che langue in parlamento, lasciando le cose come stanno, o se, al contrario, intenda mantenerla senza modificarne il
contenuto. Dal tono e dal carattere del presidente del consiglio è presumibile che sia giusta questa seconda interpretazione: non ci saranno proposte
più restrittive, ma la riforma va avanti.
Questa cautela può anche essere comprensibile. Se, come recita l`Ecclesiaste, c`è un tempo per ogni cosa, la vicenda di Potenza non rappresenta il momento migliore per cambiare le regole del gioco: anche se questo gioco (quello delle intercettazioni) è pericoloso, e soprattutto truccato.
Che sia pericoloso lo abbiamo già scritto tante volte, e Renzi se n`è accorto da tempo: la captazione delle conversazioni e la loro divulgazione sui giornali è lo strumento più incisivo ed efficace per eliminare figure di primo e di secondo piano della vita politica, economica e amministrativa. E poiché non v`è conversazione che sia immune da interpretazioni interessate e faziose, ogni soggetto intercettato è esposto al rischio di sentirsi imporre “un passo indietro”, in attesa dei “chiarimenti della magistratura”: tempo medio, un decennio.
La vicenda Guidi è su questo emblematica. Indagando su un reato indefinito e vaporoso, come il traffico di influenze, ogni lamento di Margherita, la fanciulla abbandonata da Faust, è ritenuto rilevante. E così, nella più perfetta legittimità, le sconsolate espressioni della ministra sono finite in prima pagina, non con l`elegante ritmo di Goethe, ma nell`esasperata assimilazione a una sguattera guatemalteca. Qualcuno ha detto che quelle frasi non erano degne di un ministro. No. È la porcheria delle intercettazioni che non è degna di un paese civile.
Ma l`aspetto peggiore è che il gioco è truccato. E, cosa anche più grave, che questo trucco continua a non esser capito nemmeno dai sostenitori della
pur timida riforma ora sospesa. I quali, a cominciare dal primo ministro, vedono la soluzione del problema nel dovere dei magistrati di individuare le conversazioni rilevanti, secretando o distruggendo i pettegolezzi e le intimità. Mentre il problema sta proprio lì: nel fatto che il Pm e il Gip sono arbitri assoluti nel selezionare le conversazioni e nel valutarne la rilevanza. Cosicché se i gemiti e i palpiti di due innamorati irruenti sono considerati utili per
dimostrare la concertazione di un ipotetico reato, essi finiranno nel fascicolo processuale e di lì, sempre nella più perfetta legittimità sulle prime pagine dei giornali. O anche, come pure è accaduto, recitati con enfasi da motivati attori nell`arena di un talk show. Si può immaginare qualcosa di più
ignobile? Forse sì. Al peggio non c`è limite.
Che fare allora? Per adesso, aspettare che passi la bufera. Come s`è detto, questo è tempo di tattica prudente, anche trattenendo i comprensibili nervosismi. Ma, una volta riacquistato l`animo freddo e pacato, si riconsideri l`intero complesso delle intercettazioni nella sua valenza positiva e negativa. Perché, a fronte di alcuni modesti vantaggi che esse offrono in sede processuale, esse costituiscono, così come sono applicate, una vergogna unica nell`intero mondo occidentale. E se anche fossero indispensabili, e non lo sono quasi mai, questo non dimostrerebbe nulla, perché l`utilità di un fine non giustifica la brutalità del mezzo: altrimenti anche la tortura sarebbe uno
strumento investigativo efficace, e la pena di morte un deterrente adeguato.

Foto del profilo di Andrea Gentile

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