Il preventivo dell’avvocato solo su richiesta del cliente

Riforma forense. Compensi senza limiti massimi

27 dic. – La legge professionale degli avvocati tende ad eliminare le asimmetrie informative, cioè le incertezze, le difficoltà di orientamento del cliente. La scelta del professionista deve poter avvenire anche sulla base di una comparazione tra compensi, cioè circa i costi della prestazione, che in ogni caso è “obbligazione di mezzo”. L’avvocato cioè mette a disposizione i mezzi per raggiungere un risultato, non garantisce il risultato stesso. Solo in modo indiretto, e appunto in tema di compensi, vi può essere un impegno del legale a raggiungere il risultato, ancorando la retribuzione al vantaggio concreto del cliente (patto di quota lite). Procedendo con ordine, nell’ottica dell’utente, si possono prevede situazioni di prestazione gratuita (articolo 13), ad esempio per condivisione di interessi, partecipazione a comuni ideali o per valutazione della notorietà che può derivare al professionista dalla controversia. L’avvocato infatti può esercitare l’attività anche a proprio favore, traendo un vantaggio anche indiretto, ad esempio nel caso di partecipazione all’affare (difendendo propri interessi in una lite condominiale, tra soci, tra parenti), a differenza di altre professioni, in cui è presente anche una funzione di garanzia per i terzi (ad esempio, nella revisione contabile). La prestazione gratuita, che il cliente avrà cura di pattuire espressamente, non è in contrasto con il principio della «retribuzione proporzionata e sufficiente» posto dall’articolo 36 della Costituzione (Cassazione 1223/2003).

Anche la prestazione pattuita come gratuita potrebbe, tuttavia, diventare onerosa se si altera l’equilibrio iniziale (ad esempio, la comunanza di interessi, di ideali, la potenziale parentela): di qui l’opportunità che patti su prestazioni gratuite siano redatti in forma scritta, con una clausola di invariabilità.
Le pattuizioni sul compenso possono avere varie basi di calcolo (si veda la scheda in alto), tenendo presente che non sono previsti limiti massimi. È tuttavia possibile che una pretesa eccessiva del professionista sia stata ottenuta sulla base di un errore del cliente (che pensava particolarmente difficile il risultato), o di una situazione di debolezza (infondato timore di un danno che avrebbe potuto verificarsi): in questi casi l’avvocato che risulti aver approfittato del cliente rischia anche sanzioni disciplinari. Un problema simile a quello dei limiti massimi, è posto dal patto di quota lite. Tale patto prevede che il compenso del professionista sia collegato ad un certo risultato, coinvolgendo il professionista stesso nella tensione verso un risultato favorevole. In caso di vittoria, il compenso è ancorato al valore del bene ottenuto, anche superando quanto risulterebbe applicando un compenso medio, elevato o elevatissimo. Il patto di quota lite ha l’effetto di coinvolgere il professionista nel risultato da ottenere, e rimedia sia alla mancata anticipazione del compenso (in genere, una percentuale di quanto pattuito per l’intera vicenda) sia alla mancata anticipazione delle spese vive (consulenze, approfondimenti, studi). La riforma forense appena approvata consente tale patto, ma pone uno specifico limite: l’articolo 13, comma 4 impedisce che l’avvocato percepisca, come compenso, una quota del beni oggetto della prestazione. Ciò significa che il professionista non può, attraverso la vittoria di una lite o la positiva gestione di una trattativa, diventare socio, quotista o comproprietario di un bene insieme al suo cliente. L’avvocato può esigere il pagamento della quota lite, ma solo in danaro, senza poter obbligare il cliente a condividere il bene. In tal modo, si applica alla professione il divieto di “patto commissorio” (articolo 2744 del Codice civile).
La legge professionale non prevede l’obbligo di forma scritta per i patti sul compenso, nemmeno nei casi di prestazione gratuita o di quota lite. È tuttavia intuitivo che, sia per le ipotesi di compensi squilibrati (gratuiti o in quota lite), sia per la generalità degli affari legali, le parti coinvolte si scambieranno corrispondenza. Se il cliente lo chiede, il professionista è tenuto a comunicare in forma scritta la prevedibile misura del costo della prestazione, con voci suddivise in spese, oneri (fiscali, previdenziali) e compenso professionale. Il cliente, in tal modo, potrà comparare i servizi offerti. Guglielmo Saporito

I compensi

01 | PATTUIZIONE A TEMPO
La «Pattuizione a tempo» si applica alle prestazioni per lo più telefoniche, all’assistenza a singoli atti. Viene definita «a tempo» perché ha come unità di misura l’ora o una sua frazione di effettivo impegno
02 | PATTUIZIONE FORFETARIA
La «Pattuizione forfetaria» opera indipendentemente dal tempo e dalla difficoltà del caso.
Normalmente si collega ad una specifica vicenda o ad una fase predefinita
03 | SU UNO O PIÙ AFFARI L’indicazione «Su uno o più affari» presuppone la delimitazione di un oggetto di consulenza o di una specifica lite. Può esser collegato ad un’esclusiva o ad un numero minimo di affari da gestire
04 | IN BASE AI TEMPI
DI EROGAZIONE
L’indicazione «In base ai tempi di erogazione» riguarda i tempi di risposta, immediata, dodici ore, ventiquattro ore o altra tempistica con o senza presenza fisica
05 | IN BASE ALL’ASSOLVIMENTO
L’indicazione «In base all’assolvimento» riguarda i dettagli dell’incarico: ad esempio, la possibilità di farsi sostituire da ausiliari o collaboratori
06 | PER SINGOLE FASI O PRESTAZIONI
L’indicazione «per singole fasi o prestazioni» riguarda le vicende che possono evolversi, ad esempio in primo grado, in appello, in Cassazione, urgente (cautelare) o di merito (che si conclude con sentenza)
07 | A PERCENTUALE
L’indicazione «A percentuale» sottointende sul valore economico dell’affare o sul vantaggio, anche non strettamente patrimoniale, del cliente

FONTE: Il Sole 24 Ore

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