FISCO: Welfare senza rischi di abuso del diritto (Il Sole 24 Ore)

IL SOLE 24 ORE

Imprese e lavoratori. La circolare 28/2016 tenta di arginare le strutture retributive sbilanciate a favore delle componenti in natura
Welfare senza rischi di abuso del diritto

Dom.3 – La circolare 28/2016 dell’agenzia delle Entrate, redatta d’intesa con il ministero del Lavoro, affronta in maniera chiara molti dei dubbi legati all’applicazione dell’articolo 1, commi da 182 a 191, della legge di Stabilità 2016 (e del decreto ministeriale di attuazione del 25 marzo 2016), in materia di premi di risultato e di welfare aziendale.
Uno dei punti più interessanti della circolare è la conferma ufficiale delle posizioni già espresse dall’amministrazione finanziaria in tema di welfare: ci si riferisce al welfare “ordinario” slegato dalle logiche sostitutive proprie del welfare di “produttività”, quello introdotto dalla legge di Stabilità 2016.
La tecnica utilizzata è sottile ma efficace nella misura in cui sottraendo il welfare “ordinario” dall’ambito di applicazione delle novità introdotte dalla legge di Stabilità, ne riconosce implicitamente la validità e ne legittima la sua adozione anche all’interno di meccanismi premiali e/o incentivanti.
Nella circolare si legge che «la norma non trova applicazione di conseguenza nei seguenti casi: …i benefit sono erogati senza possibilità di conversione monetaria. L’obbligazione del datore di lavoro ha, quindi, ad oggetto, sin dal suo nascere, l’erogazione di beni e servizi e può essere adempiuta solo con tale modalità. In tal caso, i beni e servizi attribuiti ai lavoratori, anche a titolo premiale, non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente se rientrano nelle fattispecie individuate dai commi 2 e 3 dell’articolo 51 del Tuir».
La possibilità di ricondurre la non imponibilità alle dinamiche dei premi, e quindi delle componenti variabili della retribuzione, dovrebbe consentire di affermarne la loro sostanziale natura retributiva.
L’agenzia delle Entrate e il ministero del Lavoro, al fine di arginare strutture retributive sbilanciate nelle componenti in natura (ferma restando la libertà negoziale delle parti) hanno quindi precisato nella circolare che ciò è possibile «sempreché l’erogazione in natura non si traduca in un aggiramento degli ordinari criteri di determinazione del reddito di lavoro dipendente in violazione dei principi di capacità contributiva e di progressività dell’imposizione. Invero, si ritiene che le novità introdotte dalla legge di Stabilità 2016, sotto il profilo fiscale, non siano volte ad alterare le regole di tassazione dei redditi di lavoro dipendente e il connesso principio di capacità contributiva che comunque attrae nella base imponibile anche le retribuzioni erogate in natura».
Il rinvio ai principi di capacità contributiva e di progressività dell’imposizione (articolo 53 della Costituzione) rievoca il tema dell’abuso del diritto che proprio in questi principi ha trovato nella più recente giurisprudenza della Corte di cassazione il suo sostegno (si vedano le “sentenze gemelle” 3055 e 30057 del 2008).
Il welfare “ordinario” soffre quindi di un doppio limite:
uno “interno” rappresentato dalla corretta applicazione delle singole fattispecie impositive previste dall’articolo 51, commi 2 e 3, del Tuir;
uno “esterno” costituito dai principi espressi dall’articolo 53 della Costituzione e, quindi, implicitamente, dal divieto di abuso del diritto.
L’abuso del diritto è oggi positivamente disciplinato dall’articolo 10-bis della legge 212/2000 , introdotto dal Dlgs 128/2015. In termini generali, il “nuovo” abuso del diritto/elusione richiede:
l’assenza di sostanza economica dell’operazione;
la realizzazione di un vantaggio fiscale indebito;
l’essenzialità del vantaggio fiscale indebito.
Nel welfare aziendale manca un vero vantaggio fiscale in favore del datore di lavoro che beneficia della ridotta contribuzione previdenziale; la minore imposizione fiscale favorisce, invece, il dipendente. L’articolo 10-bis non è in grado di intercettare l’abuso in ambito contributivo e i legami tra abuso del diritto e sostituzione d’imposta sono al momento terreno inesplorato.
Per quanto riguarda l’impianto sanzionatorio in materia previdenziale si segnala che la legge 388/2000 prevede due fattispecie: l’omissione contributiva e l’evasione. Il dolo specifico che qualifica l’evasione contributiva mal si raccorda con l’abuso del diritto che esclude la rilevanza penale della condotta non riconoscendo, di fatto, la presenza dell’elemento soggettivo (dolo o colpa). In ogni caso, nel tentativo di voler definire in termini quantitativi un limite entro il quale il welfare ordinario possa essere considerato legittimo, e quindi rispettoso del principio di capacità contributiva, si potrebbe identificare nel rapporto tra premio di risultato (sostituibile con il “welfare di produttività”) e il limite reddituale di 50mila euro un coefficiente che possa essere considerato dall’amministrazione non espressivo di una qualche forma di abuso. Alessio Vagnarelli

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