FISCO: Ma il professionista può affittare lo studio da una «sua» società (Il Sole 24 Ore)

IL SOLE 24 ORE

Ma il professionista può affittare lo studio da una «sua» società

Lun.17 -Non costituisce abuso del diritto la deduzione dei canoni di locazione relativi allo studio professionale, nel caso in cui il contratto di locazione dell’immobile sia stato stipulato con una società – proprietaria dei locali – di cui il professionista risulta essere socio di maggioranza (assieme al coniuge).
In questo senso si è pronunciata la Ctp di Ancona con sentenza 1736/1/2016 (presidente Galluzzo, relatore Di Nunzio). Le contestazioni mosse dall’ufficio ritenevano invece “abusiva” la deduzione dei canoni di locazione per il fatto che si trattava di importi pagati, di fatto, dal professionista a sé stesso. Tali affermazioni – così come, per la verità, alcuni passaggi della sentenza in cui si mescola abuso del diritto, inerenza e antieconomicità – fanno comprendere quanta strada ancora ci sia da fare nell’individuare la differenza tra elusione (abuso del diritto), evasione e legittimo risparmio d’imposta.
Quest’ultimo si realizza quando il contribuente adotta soluzioni, percorsi giuridici, opzioni, cui il sistema espressamente accorda un trattamento fiscale di maggiore favore rispetto ad altri equivalenti per effetti economici e/o giuridici conseguibili. Quando, appunto, è il sistema stesso che offre l’alternativa fiscalmente più vantaggiosa, la scelta del contribuente non può essere censurata.
L’evasione, invece, si realizza quando si agisce contro la legge. L’evasione si può generare attraverso l’occultamento di ricavi, compensi, corrispettivi e così via. Così come attraverso l’indicazione di spese non inerenti, non di competenza, eccetera. In sostanza, l’evasione si realizza attraverso tutte quelle situazioni che conducono alla rappresentazione di risultati diversi da quelli stabiliti dalla legge. In questo modo si può facilmente rappresentare che l’evasione si realizza anche attraverso vicende di alterazione dei fatti economici, come ad esempio l’interposizione fittizia, la dissimulazione, la simulazione vera e propria. La simulazione in genere (intendendosi anche la dissimulazione e l’interposizione) è caratterizzata dalla divergenza tra la fattispecie realizzata e quella dichiarata e, pertanto, non può che collocarsi nell’ambito dell’evasione. La simulazione può essere provata dall’ufficio anche in base a presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti.
Quindi, nel caso delle spese relative al contratto di locazione tra la società e il professionista socio della stessa, l’ufficio avrebbe dovuto provare la simulazione o l’interposizione della società. In questo caso, però, l’abuso del diritto non c’entra.
Nell’elusione (abuso), infatti, non vi è alcuna finzione o “travestimento”: i soggetti vogliono gli effetti di quel particolare negozio, inclusi i vantaggi fiscali, che tuttavia risultano indebiti. In sostanza, l’elusione non implica affatto una simulazione del contratto, un’alterazione dei fatti economici. Nell’elusione non viene usata un’operazione, un certo percorso negoziale, in luogo di altri (come si sente dire a volte).
Fintanto che il sistema consente più percorsi giuridici, più tipologie di operazioni, il contribuente può scegliere la strada meno onerosa anche quando la scelta è fatta esclusivamente per motivi fiscali, purché questi siano legittimi. Così, nel caso di specie, la Ctp di Ancona, oltre alla deduzione dei canoni ha ammesso la deducibilità delle spese condominiali e la relativa Iva.
Non è affatto compito di una norma elusiva quello di andare a superare le forme giuridiche utilizzate poiché nell’elusione sono tutte legittime (ecco perché l’inopponibilità è un grande fraintendimento), ma solo andare a colpire quei vantaggi fiscali che contrastano con lo spirito delle leggi tributarie. Dario Deotto

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