FISCO: Iri, chi vince e chi perde con l’imposta al 24% (Il Sole 24 Ore)

IL SOLE 24 ORE

Iri, chi vince e chi perde con l’imposta al 24%
Convenienza ridotta per chi ha redditi bassi e detrazioni – La flat tax consente di evitare le addizionali

Lun.17 – Consideriamo un’impresa-tipo, e chiamiamola Riletti autostrasporti Snc: attende da anni la riforma della tassazione per le Pmi e ora – se tutto va secondo i piani – nel modello Unico 2018 potrà optare per la nuova Iri. È l’imposta sul reddito d’impresa con aliquota flat al 24%, prevista nell’ambito della manovra di bilancio per il 2017, che inizia questa settimana il suo cammino parlamentare.Ma alla Riletti e alle altre ditte individuali e società di persone conviene davvero la nuova tassazione separata?
La valutazione si gioca in base ad alcuni fattori: il livello del reddito, in primis; ma anche la quantità di “prelievi” di utili effettuata dall’imprenditore, l’incidenza delle addizionali all’Irpef, la presenza di detrazioni personali e di altri redditi accanto a quello d’impresa (legati ad esempio ad attività di lavoro dipendente, altre collaborazioni o possesso di fabbricati).
Le simulazioni in pagina sono un primo esempio dell’impatto della nuova imposta. Un fattore determinante è l’incrocio tra aliquote e base imponibile. Chi resta alla tassazione ordinaria paga in genere aliquote più alte, perché anche chi ricade nel primo scaglione Irpef (23%) deve spesso aggiungere l’addizionale comunale e regionale, con un’incidenza media intorno al 2% e punte molto più elevate in alcune zone: a Roma, ad esempio, l’Irpef comunale è allo 0,9% (con esenzione per redditi fino a 12mila euro), mentre quella regionale all’1,73% fino a 15mila euro e al 3,33% per importi superiori. Al tempo stesso, però, la tassazione ordinaria offre il vantaggio di poter dedurre dall’imponibile i contributi previdenziali e “scaricare” sull’Irpef lorda eventuali detrazioni personali (ad esempio per spese mediche, mutuo o figli a carico).
Attenzione, però, perché anche i prelievi degli utili dell’anno escono dall’area dell’Iri e confluiscono nel reddito complessivo. Quindi, un imprenditore con un’elevata incidenza di prelievi potrebbe comunque salvare le detrazioni. Lo stesso vale per chi ha redditi diversi da quelli d’impresa, come il lavoratore dipendente che sia anche accomandante nella Sas di famiglia (terzo esempio nel grafico a fianco) o il commerciante che possiede immobili locati (quarto esempio). In quest’ultimo caso, però, va posta un’avvertenza: se il contribuente dovesse optare per la cedolare sulle locazioni abitative, si troverebbe di fatto a beneficiare di due regimi alternativi all’Irpef e rischierebbe di non poter sfruttare eventuali bonus “personali”.
Più in generale, chi preleva un elevato importo degli utili per impiego personale – è il caso soprattutto degli imprenditori individuali che vivono del proprio lavoro – potrebbe avere una scarsa convenienza a scegliere l’Iri, proprio perché gran parte del reddito cadrebbe comunque nella tassazione ordinaria. In più, c’è un fattore di convenienza per così dire “indiretta” da pesare attentamente. L’Iri, infatti, è riservata solo a chi esercita attività d’impresa in contabilità ordinaria. Quindi le imprese in contabilità semplificata dovrebbero rinunciare ai vantaggi in termini di adempimenti e di tenuta dei registri per poter accedere alla tassazione proporzionale.
Inoltre, potrebbero verificarsi aree di “concorrenza” tra regimi agevolati, perché alcuni imprenditori individuali – possedendone i requisiti – potrebbero anche optare per il regime forfettario, che garantisce una tassazione sostitutiva (quindi comprensiva di imposte sui redditi, addizionali e Irap) del 15% con ricadute anche sull’esonero dai versamenti e dagli altri obblighi relativi all’Iva. Cristiano Dell’Oste Giovanni Parente

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