FISCO: Falso valutativo, reato «limitato» (Il Sole 24 Ore)

IL SOLE 24 ORE

Diritto dell’economia. Le indicazioni che si possono trarre dall’informazione provvisoria delle Sezioni unite sulle norme penali di bilancio
Falso valutativo, reato «limitato»
Occorre la rilevanza e che le stime si discostino da leggi e principi contabili

Il delitto di falso in bilancio, dopo l’informazione provvisoria delle Sezioni unite penali della Cassazione, ruota intorno al principio di “rilevanza”.
Il giudizio (si veda il Sole 24 Ore di venerdì scorso), nella sostanza, conferma il contenuto della sentenza 890/16 e sancisce la sussistenza del delitto di false comunicazioni sociali anche con riferimento alle valutazioni quando il redattore del bilancio si discosta, consapevolmente e senza darne adeguata informazione giustificativa, dai criteri di legge o dai criteri generalmente accettati, costituiti dai principi contabili: questo in modo da indurre in errore i destinatari delle comunicazioni.
In attesa di leggere le motivazioni, questa è la soluzione adottata dalla Cassazione, contenuta nell’informazione provvisoria, che risponde alla questione controversa se, ai fini della configurabilità del delitto di false comunicazioni sociali, abbia rilevanza il falso “valutativo”, anche se la riforma di cui alla legge 69/15 ha cancellato l’inciso riferito alle valutazioni.
Dalla sintetica motivazione contenuta nell’informazione si evince che il falso si configura se il redattore del bilancio si discosta consapevolmente dai criteri di legge e dai principi contabili senza darne adeguata informazione.
Tuttavia, a questo punto, entra in gioco il principio di “rilevanza”, denominato anche di “significatività” o “materialità”: l’articolo 2621 del codice civile destinato alle società “chiuse” lo cita espressamente.
Il principio di rilevanza, che è stato inserito dal Dlgs 139/15 nell’articolo 2423, eliminando i richiami in precedenza “frammentati” in altre disposizioni, è da sempre presente nel codice civile e nei principi contabili e, come rilevato nella sentenza 890/16, è insito nella clausola generale della rappresentazione veritiera e corretta, contenuta nell’articolo 2423 del codice civile.
Invece, l’articolo 2622 destinato alle società “aperte” non lo cita ma, come rilevato anche da Assirevi nel Quaderno n. 20 (si veda il Sole 24 Ore del 17 marzo scorso), questo non giustifica alcuna differenza d’impostazione tra le due categorie di società.
Il principio di rilevanza è ben illustrato nei principi contabile nazionali Oic 11 e internazionali Ias 1 e 8.
È lo stesso legislatore a riconosce che il bilancio è un documento non oggettivamente vero in assoluto. La relazione al Dlgs 127/91, nel commento all’articolo 2423, ribadisce che «l’uso dell’aggettivo veritiero, riferito al rappresentare la situazione patrimoniale, economica e finanziaria, non significa pretendere dai redattori del bilancio – né promettere ai lettori di esso – una verità oggettiva di bilancio, irraggiungibile con riguardo ai valori stimati, ma richiedere che i redattori del bilancio operino correttamente le stime e ne rappresentino il risultato».
Il principio contabile Oic 29, nell’illustrare i cambiamenti di stime, lo rammenta, precisando che nessun elemento patrimoniale, tranne il denaro in cassa in valuta di conto liberamente disponibile, è esente da stime.
Tuttavia, il giudice, oltre al principio di “rilevanza”, dovrà tenere conto della complessità insita nei processi di stima che caratterizzano la formazione del bilancio, considerato, in particolare, che le stime possono riguardare elementi presenti nel bilancio, ma anche l’evolversi di eventi futuri che potrebbero influenzare il valore da assegnare ad una determinata voce di bilancio: è quanto prevede il principio contabile Oic 29.
Dalla lettura del principio contabile emerge con chiarezza che la modifica di una valutazione nel tempo rappresenta una circostanza sostanzialmente diversa dall’errore contabile.
Pertanto, come ricorda Assirevi, non può fornire alcuna indicazione significativa circa la correttezza della valutazione iscritta in bilancio, il raffronto tra i risultati di una stima posta in essere in uno specifico contesto informativo con quelli emersi da una successiva valutazione o determinazione che tenga conto di dati fattuali non conosciuti (e comunque non conoscibili) all’epoca della prima stima.
Ovviamente, tutto questo richiede, da parte di chi deve “giudicare” una conoscenza approfondita non solo delle norme giuridiche, ma anche dei principi contabili che il legislatore avrebbe fatto bene a richiamare negli articoli 2621 e 2622. Franco Roscini Vitali

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