CORTE COSTITUZIONALE: Sulla stepchild adoption la Consulta passa la mano (Il Sole 24 Ore)

IL SOLE 24 ORE

Corte costituzionale. I motivi della sentenza di inammissibilità
Sulla stepchild adoption la Consulta passa la mano

Roma. Inammissibile la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale per i minorenni di Bologna sul “paletto” posto dalla legge 184 del 1983 al riconoscimento dell’adozione pronunciato all’estero in favore del coniuge del genitore. La Consulta ha depositato ieri le motivazioni della sentenza n.76 sulla stepchild adoption, il cui esito era già stato reso noto con un comunicato il 24 marzo.
I giudici emiliani erano stati chiamati a riconoscere in Italia la sentenza con cui negli Stati Uniti, era stata disposta l’adozione del figlio della compagna in una coppia dello stesso sesso. Nel mirino del Tribunale erano finiti gli articoli 35 e 36 della legge 184 del 1983 (Diritto del minore ad una famiglia) per la parte in cui, come interpretati dal diritto vivente, non consentono al giudice di valutare, nel caso concreto, se risponda all’interesse del minore adottato all’estero il riconoscimento della sentenza straniera che abbia pronunciato l’adozione in favore del genitore a prescindere dal fatto che il matrimonio abbia prodotto effetti in Italia. Il giudice remittente ricorda che l’articolo 41 della legge 218/1995 dà il via libera al riconoscimento dei provvedimenti di adozione in Italia con il limite della contrarietà all’ordine pubblico e al diritto di famiglia fissato proprio dalle norme la cui costituzionalità era dubbia. Inutilmente il giudice di Bologna invoca la giurisprudenza della Cedu e della stessa Consulta perché a essere fuori fuoco non sono gli argomenti ma il contesto normativo.
Il caso da cui ha avuto origine il giudizio di costituzionalità non è, infatti, riconducibile all’articolo 36, comma 4 della legge 184/1983. Il Tribunale aveva ritenuto determinante il fatto che la ricorrente fosse, al momento del ricorso, cittadina italiana. Senza considerare che al tempo dell’adozione era solo cittadina americana e che l’adozione pronunciata negli Stati uniti riguardava una bambina di cittadinanza americana. Sbagliato il riferimento a una norma volta a impedire l’elusione, da parte dei soli cittadini italiani, della disciplina nazionale sull’adozione di minori in stato di abbandono, attraverso un fittizio trasferimento di residenza all’estero. Per questo la Consulta non esamina l’eccezione di inammissibilità dell’Avvocatura di Stato che, secondo i giudici delle leggi, aveva comunque «argomenti inconferenti rispetto alle questioni di costituzionalità sollevate».
Il realtà l’avvocatura dello Stato riteneva che il Tribunale avesse omesso la ricerca di una soluzione costituzionalmente orientata. Per conseguire comunque il risulato la “chiave” era l’articolo 44, comma 1, lettera d) della legge 184 del 1983 che apre le porte all’adozione in casi particolari. La difesa del presidente del Consiglio ricorda che sulla base di tale disposizione è stata già applicata dal Tribunale dei minorenni di Roma (sentenza 299/2014) per l’adozione da parte di una donna della figlia naturale della sua compagna e coniuge. Una via che non sarebbe ostacolata neppure dalla sentenza con la quale la Cassazione (3572/2011) aveva escluso la possibilità di trascrizione nei registri di Stato civile dell’adozione legittimante, se non per i coniugi. In quel caso non era stata, infatti, negata la possibilità di riconoscere l’adozione del singolo con effetti non legittimanti. Inoltre, secondo l’Avvocatura, la Suprema corte avrebbe ammesso anche l’adozione legittimante se in nome dell’interesse superiore del minore (sentenza 6078/2006). Patrizia Maciocchi

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