CASSAZIONE: Valido l’accertamento sul socio se i dividendi sono «evasione» (Il Sole 24 Ore)

IL SOLE 24 ORE

Cassazione. Gli effetti degli illeciti della società
Valido l’accertamento sul socio se i dividendi sono «evasione»

Legittimo l’accertamento sul socio per i dividendi derivanti dalla distribuzione dei proventi dell’evasione: la ristretta base partecipativa delle società di capitali, infatti, è elemento sufficiente per fondare la pretesa, lasciando la prova contraria al contribuente. A confermare questo principio è la Corte di cassazione con la sentenza n. 10793 depositata ieri.
L’agenzia delle Entrate aveva rettificato il reddito di una società di capitali e, in conseguenza di ciò, aveva notificato al socio un avviso di accertamento per il recupero a tassazione dei maggiori utili extrabilancio considerati dividendi distribuiti.
In altre parole, l’ufficio presumeva che i maggiori ricavi “scoperti” all’ente fossero confluiti al socio al pari di un’ordinaria distribuzione di dividendi.
Il provvedimento era stato impugnato dinanzi al giudice tributario lamentando, tra i diversi motivi, che la pretesa era fondata esclusivamente su una duplice presunzione: la prima che la società avesse percepito utili non dichiarati e la seconda, che tali somme fossero state distribuite ai soci. La Ctp aveva respinto il ricorso, ma la sentenza era stata riformata in appello in favore del contribuente. L’Agenzia aveva fatto ricorso per Cassazione.
La Suprema Corte, in accoglimento delle doglianze dell’ufficio, ha ricordato che secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, nel caso di società di capitali a ristretta base partecipativa, è legittima la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati, rimanendo salva la facoltà del contribuente di offrire la prova che tali maggiori ricavi non siano stati oggetto di distribuzione. Ciò avviene, ad esempio, se sono stati accantonati ovvero reinvestiti, mentre non è sufficiente ai fini probatori, l’eventuale mera indicazione che l’esercizio sociale è stato chiuso in perdita.
Ne consegue che l’amministrazione finanziaria non è tenuta ad alcuna ulteriore prova, rimanendo in capo al contribuente la facoltà di dimostrare il contrario.
Tuttavia, la Cassazione ha evidenziato che per la legittimità di tale presunzione occorre che risulti effettivamente accertata, in “maniera definitiva” l’esistenza di maggiori ricavi non dichiarati in capo alla società. Nell’ipotesi, quindi, che quest’ultima abbia impugnato il provvedimento e lo stesso sia pendente in un separato giudizio, occorre che il procedimento del socio sia sospeso in attesa che il primo sia deciso.
Gli uffici, ormai di prassi, assoggettano a tassazione gli asseriti dividendi distribuiti ai soci derivanti dagli utili extracontabili accertati in capo alla società, solo sul presupposto della ristretta base partecipativa. Negli ultimi tempi, però, si è verificata un’applicazione particolarmente estensiva di tali principi, poiché simili accertamenti sono stati emessi anche quando il socio non era una persona fisica, ma una società.
Tuttavia, quando l’asserita distribuzione coinvolge una società, occorrerebbero ulteriori elementi atteso che la rettifica riguarda pur sempre il reddito d’impresa. Laura Ambrosi

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