CASSAZIONE: Sindaci e revisori, compensi senza Irap (Il Sole 24 Ore)

IL SOLE 24 ORE

Contenzioso. Il semplice fatto di operare in uno studio non integra da solo un’autonoma organizzazione
Sindaci e revisori, compensi senza Irap
Stop al prelievo per gli incarichi per cui è possibile distinguere gli introiti

Il commercialista che nell’attività professionale svolge anche incarichi di amministratore, sindaco e revisore in società non paga l’Irap su questi compensi, se risulta possibile scorporare in concreto le diverse categorie di compensi conseguiti. A fornire questa precisazione è la Corte di cassazione con l’ordinanza 22138/2016 depositata ieri.
Un commercialista ha presentato un’istanza di rimborso dell’Irap, nella quale, in via subordinata, aveva richiesto almeno la restituzione dell’imposta versata sui compensi percepiti quale componente di collegi sindacali.
L’ufficio ha negato il rimborso attraverso il silenzio-rifiuto ed il contribuente lo impugnava dinanzi al giudice tributario che per entrambi i gradi di merito respingeva il gravame.
In particolare il collegio di appello ha motivato la propria decisione sul presupposto che erano stati corrisposti rilevanti compensi a terzi, che il professionista usufruiva di un elevato valore di beni strumentali e di un ampio studio. Questi elementi, secondo il giudice di merito, dimostravano l’esistenza di una struttura organizzativa eccedente i limiti di un normale studio fondato sul solo contributo personale del professionista. Con riguardo invece all’assoggettabilità dei compensi di sindaco in società, la Ctr ha rilevato che tale attività non era svolta in via esclusiva, ma unitamente all’attività professionale e pertanto l’imposta era dovuta.
Il commercialista ha presentato ricorso per Cassazione, contro la decisione lamentando, in estrema sintesi, un’errata interpretazione della norma.
In parziale accoglimento del ricorso, i giudici di legittimità hanno innanzitutto ricordato che l’attività del commercialista non è soggetta a Irap se manca l’autonoma organizzazione, che sussiste solo se il professionista adopera beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile ovvero ricorre in modo non occasionale al lavoro di terzi. Di conseguenza è soggetta a imposizione fiscale solo l’eccedenza dei compensi rispetto alla «produttività auto-organizzata» dell’opera individuale.
A tal fine – ha spiegato la Cassazione – non è sufficiente che egli operi in uno studio professionale, atteso che tale presupposto non integra di per sé il requisito dell’autonoma organizzazione.
Con riferimento ai redditi realizzati nell’esercizio di funzioni di amministratore, revisore e sindaco di società, la Suprema Corte ha precisato che non è soggetto ad Irap quel “segmento” di ricavo netto consequenziale a tali attività. Tuttavia ciò è possibile solo se, in concreto, si riescono a scorporare le diverse categorie di compensi conseguiti, al fine di verificare l’esistenza dei presupposti impositivi per ciascuno dei settori interessati (si vedano Cassazione 10594/2007, 15893/2011, 3434/2012). Tale riscontro, poi, spetta al giudice di merito ed il suo giudizio sul punto è insindacabile in sede di legittimità, solo se adeguatamente motivato.
Nello specifico, il collegio d’appello si era limitato ad affermare che l’attività di sindaco non era svolta in via esclusiva, ma unitamente alla professione ordinaria e da qui ne è discesa la conclusione che ci fosse l’autonoma organizzazione. I giudici di legittimità hanno così rilevato un’omessa valutazione degli elementi e pertanto hanno rinviato a un’altra sezione della Ctr.
La decisione chiarisce che è possibile “diversificare” l’assoggettabilità a Irap in relazione al tipo di compenso percepito, con la conseguenza che risulterà quanto meno opportuno che il professionista gestisca la propria contabilità separando le attività per le quali non sussiste il requisito dell’autonoma organizzazione. Laura Ambrosi

Foto del profilo di Andrea Gentile

andrea-gentile