CASSAZIONE: Reato di stalking, servizi sociali per chi inizia la cura (Il Sole 24 Ore)

IL SOLE 24 ORE

Atti persecutori. Possibili misure alternative
Reato di stalking, servizi sociali per chi inizia la cura

Roma. La prospettiva di un lavoro e l’inizio di un percorso terapeutico possono consentire alla stalker di lasciare il carcere per scontare il resto della pena ai domiciliari o affidamento ai servizi sociali. La Corte di cassazione, con la sentenza 26687 depositata ieri, annulla l’ordinanza con la quale il tribunale di sorveglianza aveva respinto la richiesta di una misura alternativa in favore della ricorrente che doveva ancora scontare circa 10 mesi per atti persecutori nei confronti del suo ex fidanzato.
A supporto della domanda la donna aveva prodotto una certificazione della Asl per dimostrare l’esito positivo del percorso riabilitativo intrapreso. Nella memoria si indicavano i buoni risultati raggiunti: presa di coscienza degli errori commessi, chiusura dei contatti con l’ex compagno e inizio di una nuova relazione sentimentale.
Il Tribunale di sorveglianza aveva dato però un maggior peso a una segnalazione della Questura di Roma, dalla quale risultava che l’ex fidanzato aveva denunciato la ricorrente per una nuova telefonata fatta in epoca successiva alla condanna. Un’informativa della polizia che al giudice era bastata per affermare che la persecutrice era ancora socialmente pericolosa.
Per la Cassazione, che annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per un nuovo esame, si è trattato di una scelta sbagliata.
La Suprema corte ricorda che, certamente, nel giudizio sulla concessione dell’affidamento in prova ai servizi sociali devono essere valutati anche i procedimenti penali passati e pendenti, un lavoro che serve a capire se attraverso l’istituto sia possibile fronteggiare un’eventuale residua pericolosità sociale.
E visto che non esiste una presunzione generale di affidabilità di ciascuno al servizio sociale il rigetto della domanda si può basare anche sulle informazioni fornite dalla polizia o dai servizi sociali, nel caso queste dimostrino la personalità negativa dell’imputato. Insieme a questi elementi vanno però valutati anche altri fattori. Nel caso esaminato ad esempio il “mea culpa” e la buona prospettiva risocializzante grazie al lavoro.
Per quanto riguarda i domiciliari la Cassazione sottolinea come il potere discrezionale del giudice di sorveglianza sia eccezionalmente ampio e, in assenza di parametri di legge predeterminati, devono fare da guida le caratteristiche del reo e le sue condizioni personali e familiari.
Per la Suprema corte il giudice ha sbagliato – anche alla luce delle recenti riforme che lasciano come ultima la scelta del carcere – a valorizzare una sola telefonata molesta dopo la condanna, senza fare attenzione alla documentazione che evidenziava un’evoluzione positiva della personalità della stalker. Patrizia Maciocchi

Foto del profilo di Andrea Gentile

andrea-gentile