CASSAZIONE: Detrazione Iva, la fattura «vince» sul contratto (Il Sole 24 Ore)

IL SOLE 24 ORE

Cassazione. Per far valere un costo sono necessari l’effettività e la desumibilità dall’attività da cui derivano i ricavi
Detrazione Iva, la fattura «vince» sul contratto

Sono l’inerenza e la certezza che consentono la deduzione di un costo e la detrazione della relativa Iva, a nulla rilevando, invece, l’esistenza di un contratto tra le parti. A chiarire questo importante principio è la Corte di cassazione con la sentenza n. 7881 depositata ieri.
Una società riceveva un avviso di accertamento relativo ad Irpeg, Irap ed Iva, con cui l’Agenzia recuperava, tra l’altro, royalties ritenute indeducibili ed altri costi perché asseritamente non inerenti. In particolare circa le royalties non risultava alcun contratto stipulato tra le parti nel periodo di imposta considerato, gli atti negoziali esistenti, infatti, erano relativi a periodi antecedenti e successivi a quello in contestazione.
Il rilievo sulla indeducibilità di alcune commissioni ricevute dalla società si basava invece sull’assenza di inerenza di dette spese in quanto la contribuente non aveva fornito alcuna prova in tal senso. La società impugnava l’atto innanzi al giudice tributario, che per entrambi i gradi di merito, confermava sul punto la pretesa. In particolare, la Ctr rilevava che per le royalties, riferite all’utilizzo di un marchio era effettivamente determinante la mancanza della prova della volontà delle due parti per legittimare l’utilizzo del marchio (il contratto), con la conseguenza che la ripresa dell’ufficio era legittima.
Per i costi non inerenti, invece, i giudici di appello riscontravano che la società non aveva prodotto valida documentazione per provare l’inerenza rispetto all’indicazione nelle fatture contabilizzate e dedotte.
La società ricorreva per cassazione lamentando in sintesi: a) in merito alla indeducibilità delle royalties – per cui era contestata l’assenza di un contratto tra le parti – che i giudici del merito non avevano correttamente individuato i presupposti per la deducibilità del costo da individuarsi nella certezza e nell’inerenza; b) relativamente invece all’assenza di inerenza, che, a fronte di costi, asseverati da fattura, la prova della non inerenza incombe sull’Agenzia.
I giudici di legittimità, condividendo in buona sostanza le eccezioni difensive, hanno accolto il ricorso della società. Viene innanzitutto rilevato che per la deducibilità di un costo e della detrazione della Iva relativa, sono necessari l’effettività del costo stesso e la sua inerenza all’attività o ai beni da cui derivano i ricavi.
In tale contesto, secondo la Suprema Corte, l’assenza di un contratto tra le parti da cui ottenere un riscontro documentale dell’operazione riportata in fattura è del tutto irrilevante.
In merito invece alla contestata non inerenza del costo, la sentenza evidenzia che in considerazione dell’incontroversa esistenza di regolari fatture, deve ritenersi operante la presunzione di veridicità di quanto in esse rappresentato. Ne consegue l’onere dell’Agenzia di fornire prova dell’indeducibilità, per non inerenza del costo.
I giudici della Suprema Corte ricordano peraltro che tale ultimo principio era stato già affermato in sede di legittimità (sentenze 21446/2014, 24426/2013 e 5748/2010)
La sentenza è importante perché spesso gli uffici pretendono che a fronte della deduzione del costo il contribuente esibisca anche un contratto con la controparte. In alcuni casi, in presenza di un’estrema genericità del documento fiscale, che non descrive la prestazione, tale richiesta può certamente esser importante per ben delineare l’oggetto dell’operazione, ma allorchè la fattura indichi la prestazione o la cessione e quindi conferisca certezza al costo stesso, va da sé – come sostenuto dai giudici di legittimità – che la spesa non può essere disconosciuta anche se manca un contratto tra le parti. Laura Ambrosi

Foto del profilo di Andrea Gentile

andrea-gentile