CASSAZIONE: Chiusa la partita, compensi soggetti a Iva (Il Sole 24 Ore)

IL SOLE 24 ORE

Cassazione. La sentenza delle sezioni unite su quanto percepito dopo la cessazione dell’attività
Chiusa la partita, compensi soggetti a Iva
Il momento impositivo è ancorato alla materiale esecuzione della prestazione

I compensi per prestazioni professionali percepiti dopo aver dichiarato la cessazione dell’attività sono soggetti a Iva, poiché, nel momento in cui tali operazioni sono effettuate, i presupposti oggettivo e soggettivo sono rispettati. Per giungere a queste conclusioni, le sezioni unite della Corte di cassazione (sentenza 8059 del 21 aprile 2016) hanno affrontato, con conseguenze di assoluto rilievo pratico, la questione del momento in cui le prestazioni di servizi si considerano effettuate in base all’articolo 6, comma 3, Dpr 633/72.
La regola generale
Ma andiamo con ordine. La disposizione stabilisce, come regola generale, che i servizi si considerano effettuati all’atto del pagamento del corrispettivo, lasciando intendere che a tale evento sia riconducibile non solo la nascita del debito fiscale (esigibilità), ma la stessa “genesi” dell’operazione, il fatto generatore dell’imposta (articolo 62, direttiva 2006/112). Secondo i giudici, invece, la disposizione interna andrebbe interpretata alla luce della disciplina comunitaria, da ciò derivando che, benché non indicata dalla norma, sarebbe comunque implicita nell’ordinamento nazionale la distinzione fra «fatto generatore dell’imposta» ed «esigibilità» della stessa. Riferendosi al pagamento come al momento d’effettuazione dell’operazione, pertanto, la norma interna intenderebbe in realtà riferirsi all’esigibilità del tributo, restando il fatto generatore (momento impositivo) ancorato alla materiale esecuzione della prestazione. Tralasciando la (non irrilevante) osservazione per cui, così ragionando, occorrerebbe però ammettere l’intrinseca incoerenza della norma, la quale, al comma 6, occupandosi del momento d’effettuazione dei servizi generici in ambito internazionale e stabilendo che tali prestazioni si considerano effettuate al momento dell’ultimazione, sembra invece fare espresso riferimento al concetto di “fatto generatore”, la pronuncia lascia sul tavolo una serie di questioni e impone agli operatori di ripensare alcuni comportamenti consolidati.
Le implicazioni

Rimanendo alla vicenda oggetto della sentenza, resta da capire, fra l’altro, come si debba procedere al versamento dell’imposta nei casi in cui il corrispettivo della prestazione sia incassato dopo aver cessato l’attività. Secondo i giudici, infatti, l’assoggettamento a imposta (e – si ritiene – la formalizzazione dell’operazione) rappresenta un obbligo che sussiste anche se è stata dichiarata la cessazione dell’attività (considerato come un adempimento anagrafico/formale) e chiusa la partita Iva (adempimento strumentale). In questa prospettiva, le indicazioni fornite in passato dalle Entrate (circolare 11/E/2007 e risoluzione 232/E/2009) in relazione all’impossibilità di cessare l’attività e chiudere la partita Iva in presenza di crediti da riscuotere, non sarebbero più attuali. Analoga incertezza riguarda gli obblighi dichiarativi. Una soluzione pratica per risolvere entrambe le problematiche potrebbe essere quella già individuata per l’imprenditore individuale che affitta l’unica azienda, il quale mantiene la partita Iva, ma è esonerato dagli obblighi di presentazione della dichiarazione fintanto che non effettua operazioni rilevanti.
Più in generale, se la materiale esecuzione della prestazione (fatto generatore) rappresenta il momento in cui l’operazione si considera effettuata in senso Iva (fermo restando che l’imposta diviene esigibile al pagamento), dovrebbero essere riferibili a tale momento anche gli effetti e gli adempimenti che a esso risultino collegabili.
Per esempio, l’individuazione dell’aliquota o la facoltà di effettuare variazioni in diminuzione in presenza di un sopravvenuto accordo fra le parti (in ipotesi, l’onorario della nota pro forma di un legale, dopo un anno dall’effettuazione della prestazione, non sarebbe più modificabile al ribasso per il riconoscimento tardivo di uno sconto). La pronuncia, in ogni caso, dovrebbe essere accolta favorevolmente da chi ha subito contestazioni in ordine alla presunta esigibilità dell’Iva per prestazioni eseguite (magari da tempo), ma non ancora incassate. Secondo la Cassazione, anche nell’ordinamento interno, infatti, esigibilità e fatto generatore dell’imposta sono concetti distinti.
Matteo Balzanelli Massimo Sirri

Foto del profilo di Andrea Gentile

andrea-gentile