CASSAZIONE: Azione disciplinare tempestiva dopo i controlli (Il Sole 24 Ore)

IL SOLE 24 ORE

Cassazione. L’azienda non può agire su elementi indiziari
Azione disciplinare tempestiva dopo i controlli

Il requisito della tempestiva promozione di una iniziativa disciplinare non va valutato facendo riferimento all’epoca della astratta conoscibilità degli inadempimenti del lavoratore, ma al momento successivo in cui l’impresa ne abbia acquisito piena conoscenza. La Corte di cassazione ha espresso questo principio con la sentenza 10356/2016 nella quale ha precisato che non basta il mero sospetto di illeciti disciplinari per misurare il tempestivo avvio della contestazione, essendo viceversa necessario che il datore di lavoro possa attendere il completamento delle indagini interne cui, nel frattempo, è stato dato impulso.
Diversamente, prosegue la Corte, l’impresa si troverebbe nella irragionevole condizione di dover anticipare l’azione disciplinare in presenza di meri elementi indiziari, senza poter disporre di dati conoscitivi più completi volti a trasformare il mero sospetto in un comportamento illecito accertato nella sua effettiva dimensione inadempiente.
Il caso sul quale è stata chiamata a pronunciarsi la Cassazione era relativo all’addetto alla liquidazione sinistri di una primaria compagnia di assicurazioni, che aveva licenziato il dipendente per avere quest’ultimo compiuto, nell’arco di tre anni, gravi irregolarità nella liquidazione di 26 sinistri a vantaggio sempre dello stesso avvocato. La difesa del lavoratore aveva contestato la legittimità del licenziamento, tra gli altri motivi, sul presupposto che l’azione disciplinare fosse stata promossa tardivamente, in quanto era decorso oltre un anno e mezzo dalla scoperta delle violazioni e perché, inoltre, la compagnia di assicurazioni aveva attivato tardivamente i controlli sull’operato dei dipendenti.
La Cassazione, confermando la decisione del Tribunale che dalla Corte d’Appello di Firenze, ha ritenuto che il vizio di tardività della contestazione fosse privo di consistenza, in quanto gli illeciti disciplinari erano stati scoperti nella loro complessiva portata solo all’esito delle indagini svolte dai revisori della società in sede di audit.
La Suprema Corte, nel ribadire che il principio di tempestività della contestazione deve essere inteso in senso relativo, alla luce della complessità degli accertamenti da svolgere sul piano istruttorio, ha censurato la tesi del lavoratore secondo cui la tardività era resa evidente, nel caso concreto, dall’esistenza di un obbligo in capo al datore di esercitare un periodico controllo sull’operato dei propri dipendenti. Precisa la Corte, a tale proposito, che nell’ambito di un rapporto di lavoro subordinato non esiste una regola che imponga un obbligo di controllo nei confronti dei dipendenti sussistendo, viceversa, un diritto in capo al datore di lavoro di verifica dell’operato dei sottoposti, il quale non si traduce, tuttavia, in un dovere di periodico controllo. Il rapporto di lavoro si caratterizza, infatti, per la fiducia che il datore deve poter riporre sull’operato dei propri dipendenti, derivandone, ad avviso della Cassazione, che un obbligo di assiduo controllo sui lavoratori si porrebbe in radicale contrasto con il carattere fiduciario che connota il rapporto di lavoro.
Dunque, la Cassazione ribadisce il principio per cui la tempestività della contestazione disciplinare non può essere rapportata al momento in cui il datore di lavoro matura dei sospetti, ma va collocata nel tempo in cui, all’esito degli accertamenti necessari dalla complessità della vicenda, sono state riscontrate nella loro dimensione complessiva le infrazioni del dipendente.
Giuseppe Bulgarini D’Elci

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