CASSAZIONE: Assoluzione a efficacia rafforzata (Il Sole 24 Ore)

IL SOLE 24 ORE

Sezioni unite. Da annullare l’appello che ribalta il giudizio in primo grado senza esame dei testimoni
Assoluzione a efficacia rafforzata

Roma. Il giudice di secondo grado non può ribaltare, su appello del Pm, la sentenza di assoluzione senza procedere, anche d’ufficio, a una nuova istruzione dibattimentale sentendo i testi che hanno fatto dichiarazioni considerate decisive nel raggiungere il verdetto favorevole all’imputato. Se questo avviene la Corte di Cassazione deve annullare con rinvio la sentenza impugnata. 
Per le Sezioni unite (sentenza 27620 depositata ieri) la decisione di condannare in appello sulla base di un semplice riscontro cartolare senza assumere direttamente la prova dichiarativa è in netto contrasto con la Convenzione europea dei diritti dell’Uomo. La previsione violata, contenuta nell’articolo 6 paragrafo 3 lettera d) della Cedu, è quella relativa al diritto dell’imputato di esaminare o fare esaminare i testimoni a carico e ottenere la convocazione e l’esame dei testi a discarico. Un principio vivente nella giurisprudenza consolidata della Corte di Strasburgo, che pur non traducendosi in una norma di diretta applicazione nell’ordinamento nazionale, rappresenta un criterio di interpretazione “convenzionalmente orientata” al quale il giudice nazionale deve ispirarsi nell’applicazione delle norme interne.
Questo impone al giudice di secondo grado che intenda affermare la responsabilità penale dell’imputo di procedere, anche d’ufficio, a una nuova istruzione dibattimentale come previsto dall’articolo 603, comma 3 del codice di rito. Le Sezioni unite sottolineano che la conclusione è perfettamente in linea con la proposta di introdurre l’esplicitazione di un simile dovere del giudice di appello nell’ambito di un apposito comma (4-bis) da inserire nell’articolo 603 del codice di procedura penale, formulata dalla Commissione ministeriale istituita con decreto del 10 giugno 2013 per studiare gli interventi da mettere in atto nel processo penale. Secondo il collegio l’assenza di una formale previsione sul punto non preclude la possibilità di ricavare la regola seguendo la strada dell’interpretazione sistematica, guardando alle “linee guida” alle quali la stessa Commissione si era ispirata come diritto “consolidato”. 
La seconda sezione penale ha rimesso alle Sezioni unite anche la soluzione del contrasto sui margini di intervento concessi alla Cassazione nel caso in cui il difensore, nel ricorso contro la sentenza di condanna, non faccia specifico riferimento alla violazione dell’articolo 6 della Convenzione. Le Sezioni unite precisano innanzitutto che la mancata assunzione in appello delle prove dichiarative ritenute determinanti, deve essere considerato di per sé un vizio di motivazione e non una violazione di legge (articolo 606, comma 1 lettera e) che scatta per il mancato rispetto del canone di giudizio «al di là di ogni ragionevole dubbio» (articolo 533, comma 1). Il chiarimento è utile per affermare che la Cassazione può e deve intervenire d’ufficio, salvo nei casi di inammissibilità, quando il ricorrente impugna la sentenza di appello censurando la mancanza, la contraddittoria o la manifesta illogicità della motivazione riguardo alla valutazione delle prove decisive. La Suprema corte deve dunque annullare con rinvio anche se manca il riferimento al principio Cedu. I giudici, avvertono, infine, che quanto affermato si applica anche nel caso di riforma della sentenza di proscioglimento di primo grado, ai fini delle statuizioni civili, sull’appello proposto dalla parte civile. Patrizia Maciocchi

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