AVVOCATI: Gli avvocati si spaccano per tornare uniti (Legal)

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SCENARI / CONSIGLIO FORENSE – LA NUOVA GOVERNANCE
Gli avvocati si spaccano per tornare uniti
A quattro anni dalla riforma della professione, varata dal governo Monti, l’avvocatura rivoluziona il suo assetto organizzativo. Ma l’addio all’Organismo unitario dell’avvocatura, votato a maggioranza dall’assise di Rimini, scatena una valanga di polemiche. Dietro il dissenso c’è il timore di una riduzione degli spazi di autonomia

«Il Consiglio nazionale forense si presenta al congresso mai per dividere, sempre per unire>. Queste le parole pronunciate nell’ottobre del 2003 dall’allora presidente Remo Danovi. Eppure, dall’assise di Rimini che si è conclusa lo scorso 8 ottobre gli avvocati sono usciti in ordine sparso. La mozione sottoscritta dal presidente dell’Ordine di Firenze, Sergio Paparo, che dopo oltre 20 anni manda in pensione l’Organismo unitario dell’avvocatura, è stata approvata dal XXXIII Congresso nazionale forense con 591 voti su 929. Un consenso non proprio bulgaro, che dà l’idea del travaglio con cui la categoria ha affrontato lo storico passaggio sulla riforma della governance. Lo stesso Danovi, ora presidente dell’Ordine di Milano, ha ammesso che si poteva fare qualcosa in più per cercare un maggiore sostegno. «Il superamento dell’Olia e la nascita del nuovo Organismo previsto dalla legge professionale», ha spiegato, «rappresentavano una tappa doverosa e indifferibile di questo congresso. Milano avrebbe preferito che si fosse tenuto conto di alcune modifiche, forse non sostanziali, che avrebbero però consentito di raggiungere una maggioranza molto più ampia e quindi di conferire maggiore autorevolezza alla nuova rappresentanza».
Capro espiatorio. Difficile, però, credere che il fronte della protesta si sarebbe accontentato di qualche modifica non sostanziale.
«Viene meno un capro espiatorio», ha denunciato la presidente dell’Organismo unitario, Mirella Casiello, «è sembrato quasi un passaggio sacrificale; si sarebbe potuto cambiare, individuando i problemi che hanno spesso limitato l’azione politica dell’Oua. Ora avremo un organismo con una forte impronta ordinistica, ridotto nei numeri e più dipendente dal Cnf».
Forte il dissenso anche tra le associazioni sindacali. Per il Movimento forense «non si tratta di una riforma legata all’evoluzione dei tempi, ma di una vera e propria restaurazione. Una restaurazione voluta da una larga maggioranza congressuale, frutto dell’alleanza tra componenti tradizionali e progressiste, nella non belligeranza delle associazioni storiche, alla cui volontà ci inchiniamo, ma che non condividiamo e che abbiamo cercato di contrastare, raccogliendo consensi ben oltre il numero dei nostri delegati. Una restaurazione che riteniamo antistorica e foriera di possibili crisi di rigetto, sia all’interno del nostro mondo che fuori».
Più morbida la posizione dell’Associazione nazionale forense. Il segretario generale Luigi Pansini ha premesso che «la volontà del congresso è sovrana». Ma ha poi stigmatizzato «le storture di una legge professionale Cnfcentrica che necessita di essere modificata», spiegando che lo svolgimento dell’assemblea «ha messo in risalto tutte le incongruenze di un’istituzione nazionale che oggi legifera, amministra e poi giudica, senza essere eletta direttamente dagli iscritti». Le intenzioni del Consiglio forense erano già trapelate nei mesi scorsi, quando i vertici dell’organismo hanno deciso di dare vita all’Agorà degli ordini, con il compito di «assicurare una costante interlocuzione con e fra gli Ordini e le Unioni distrettuali».
È nell’ambito dell’Agorà, presieduta da Paparo, che è stata elaborata la mozione. 11 cui senso è stato anticipato a settembre dallo stesso presidente dell’Ordine di Firenze in un editoriale comparso su Guida al Diritto. «Il compito che ci aspetta è al contempo difficile ed entusiasmante», ha scritto Paparo, «difficile perché dopo il fallimento al congresso di Venezia del 2014 del tentativo di dare vita a un patto federativo tra le varie componenti dell’avvocatura si è anche dissolta definitivamente la capacità dell’ Oua di dare contenuti e progettualità ai deliberati congressuali e quindi va ricostruita l’idea stessa di rappresentanza; entusiasmante perché i delegati hanno la possibilità di accettare, vincendola, la sfida die il legislatore ha lanciato». Il dissenso politico Eppure, malgrado, gli avvertimenti, non era facile immaginare un tale epilogo di quella che era stata annunciata come un’assise dal carattere squisitamente tecnico con molti temi normativi all’ordine del giorno.
Per la prima volta al centro del congresso, aveva detto il vicepresidente del Cnf, Giuseppe Picchioni, in una conferenza stampa, ci sarà «la giustizia senza processo, ovvero le misure alternative al processo civile, strategiche per la salvaguardia della giurisdizione nel nostro Paese, perché solo facendo funzionare al meglio tali misure si riuscirà a salvaguardare il diritto del cittadino ad accedere al giudice quando necessario e a garantire qualità alle sentenze). Di qui le proposte da sottoporre al ministro della Giustizia, Andrea Orlando, intervenuto nell’ultima giornata. A partire da quelle per potenziare ed estendere le forme alternative di risoluzione delle controversie come la mediazione civile e l’arbitrato. Ma è proprio qui, sul terreno dei rapporti con la politica, che sembra essersi consumata la spaccatura più profonda con l’Organismo unitario.
«Non vorremmo», ha tuonato la presidente dell’Oua, «che questo dibattito verticistico sul superamento dell’Oua sia funzionale ad avere un organismo di nominati, invece che di eletti, per limitare quell’indipendenza che ha sempre caratterizzato l’avvocatura, anche nei confronti del ministro della Giustizia, che ci ha appunto rinfacciato troppa autonomia sui regolamenti e sulle specializzazioni». Il Guardasigilli, ha proseguito Casiello minacciando «disobbedienza civile, astensione, assemblee permanenti», deve tornare «ad ascoltare l’avvocatura, il tempo del dialogo asimmetrico deve terminare».
Una posizione diametralmente opposta a quella sostenuta dallo stesso presidente del Cnf, Andrea Mascherin, che nella relazione di apertura del Congresso aveva dato atto al ministro di «aver aperto un dialogo costruttivo con l’avvocatura, che era stato di fatto negato dai suoi predecessori». Articolo 39 Sarebbe peraltro sbagliato ridurre le tensioni tra Cnf e Oua alla contingenza politica del momento, alle incomprensioni con l’attuale ministro. L’attrito tra i due organismi arriva da lontano. E l’aria è diventata rovente dopo l’approvazione della legge 247 del 31 dicembre 2012 sull’ordinamento della professione forense, che ha modificato l’intera disciplina dell’ordinamento e che, paradossalmente è stata firmata proprio da un avvocato, l’allora ministro della Giustizia Paola Severino. Sotto i riflettori c’è l’articolo 39, che al comma 3 recita: «Il Congresso nazionale forense delibera autonomamente le proprie norme regolamentari e statutarie ed elegge l’organismo chiamato a dare attuazione ai suoi deliberati». Da allora il dibattito si è aperto: il testo si riferisce a un nuovo organismo o piuttosto è la fotografia legislativa di come l’avvocatura si è spontaneamente organizzata nel corso degli anni? La risposta dell’Oua è chiara. La storia dell’associazione, si leggeva ancora sul sito fino a poco fa, «ha avuto il suo definitivo compimento con l’approvazione dell’articolo 39 della legge 247/2012».
L’ Oua è «quindi per legge la diretta emanazione del Congresso nazionale forense, l’espressione del voto e della partecipazione di ogni singolo avvocato di ogni foro italiano, nella quale confluiscono le istituzioni e associazioni forensi al fine di esprimere le posizioni dell’avvocatura sui temi più importanti della giustizia e della professione, nel rispetto dell’autonomia di ciascuna componente».
Il nuovo Congresso. Non tutti, però, come si è visto, hanno interpretato la norma alla stessa maniera. Come si legge nella mozione statutaria presentata da Paparo (che non a caso porta nel titolo la dicitura «attuazione dell’art 39 della legge 247/2012») la riforma legislativa ha eliminato «la precedente definizione del Congresso quale momento di confluenza di tutte le componenti dell’avvocatura, mentre è stato confermato il principio della identità e autonomia delle associazioni rappresentative»; ha ribadito che «il compito del Congresso è quello di trattare i temi della giustizia e della tutela dei diritti fondamentali dei cittadini nonché le questioni che riguardano la professione forense»; ha ridefinito il Congresso nazionale forense che da assemblea generale dell’avvocatura italiana è oggi qualificato come massima assise con la valorizzazione anche a livello terminologico della sua funzione politico/ legislativa dell’ avvocatura che si concretizza con la formulazione delle proposte sui temi trattati durante i lavori congressuali». Il tutto, conclude Paparo, porta a ritenere che «il soggetto di rappresentanza politica dell’avvocatura è il Congresso nazionale forense». Da qui al pensionamento dell’Oua il passo è brevissimo. «Ai sensi dell’art,39 comma 3 della legge professionale», si legge all’articolo 6 della mozione, «il Congresso elegge l’Organismo congressuale forense, con acronimo Ocf». Da che ne consegue, articolo 10, che «con l’approvazione delle presenti norme regolamentari e statutarie sono abrogate tutte le previgenti norme statutarie e regolamentari relative al Congresso nazionale forense e all’organismo di sua rappresentanza denominato Organismo unitario dell’avvocatura italiana».
Elezioni e candidati. Il nuovo organismo sarà «composto da rappresentanti eletti in seggi elettorali formati su base distrettuale, in ragione di uno fino a 5mila iscritti agli albi ed elenchi speciali degli ordini del distretto e da un ulteriore rappresentante ogni successivi 5mila iscritti. Il numero di mandati massimo per i componenti dell’Organismo sarà pari a due e l’elettorato attivo spetterà ai delegati congressuali degli ordini del distretto, mentre quello passivo a ogni avvocato iscritto in uno degli albi ed elenchi speciali che si siano candidati e che non abbiano riportato, nei cinque anni precedenti, una sanzione disciplinare esecutiva più grave dell’avvertimento». La candidatura, andrà presentata al presidente del Coa (Consiglio dell’ordine degli avvocati) distrettuale almeno 24 ore prima dell’inizio delle operazioni elettorali. Quanto al sistema elettorale dei componenti dell’Ocf, ogni delegato potrà esprimere preferenze fino a due terzi del numero dei candidati e, alla seduta di insediamento i componenti dell’Organismo provvedono all’elezione dell’ufficio di coordinamento composto dal coordinatore al quale spetta la legale rappresentanza, dal segretario, dal tesoriere e da ulteriori due membri. L’Ocf avrà un legame più stretto con il Congresso, che diventa triennale e vedrà ridurre la platea di delegati da 88 a 51, e un rapporto diretto con il Consiglio nazionale forense. L’avvicinamento avverrà tramite un coinvolgimento maggiore degli organismi territoriali. Cade, infatti, rispetto alle norme che regolano la nomina dell’Oua, l’incompatibilità con la carica di presidente dell’Ordine. L’Organismo congressuale forense, ha spiegato Paparo, «dovrà essere espressione dell’articolazione distrettuale della comunità forense, avere capacità inclusiva nei confronti dei Consigli dell’Ordine, rimuovendovi preclusioni e incompatibilità statutarie ormai anacronistiche».
I compiti dell’Ocf. La rappresentanza diretta avrà però un impatto economico. Sugli avvocati ricadrà il costo delle elezioni. Gli oneri saranno infatti sostenuti dal Consiglio nazionale forense che ne terrà conto al momento della determinazione del contributo annuale degli iscritti all’ordine. II Consiglio nazionale forense, ha spiegato ancora il presidente degli avvocati fiorentini, «dovrà assicurare, da parte sua, non solo il regolare svolgimento periodico del Congresso ma anche l’erogazione all’organismo rappresentativo delle risorse economiche necessarie per poter esercitare al meglio i propri compiti; a tale riguardo dovrà fungere da collettore, tramite i Consigli dell’ordine circondariali, del contributo che ogni avvocato corrisponderà nel contesto della quota annuale dovuta per l’iscrizione all’albo». Quanto ai compiti, l’Ocf avrà più o meno le stesse competenze dell’Oua. Oltre a dare attuazione ai deliberati congressuali, «cura l’elaborazione di progetti e proposte e la loro promozione, diffusione ed esecuzione; adotta ogni iniziativa opportuna, anche in sede giurisdizionale, opera di concerto con la Cassa, negli ambiti di sua competenza, e con il Cnf, nel rispetto delle prerogative delle funzioni di rappresentanza istituzionale a livello nazionale; consulta, ove ritenuto, le associazioni forensi e le associazioni specialistiche; proclama l’astensione dalle udienze nel rispetto delle disposizioni del codice di autoregolamentazione». L’equo compenso Al di là delle schermaglie interne, però, dal congresso sono uscite anche alcune novità di rilievo sul fronte legislativo. La principale è sicuramente il provvedimento sull’equo compenso, che il ministro Orlando ha assicurato di aver già inviato a Palazzo Chigi. Il ddl si propone di correggere per legge lo squilibrio nei rapporti contrattuali tra avvocati ed alcuni clienti forti come banche, assicurazioni o grandi imprese. Nel dettaglio, le nuove norme prevedono che in presenza di clausole vessatorie, che per esempio stabiliscano un compenso non equo o attribuiscano al committente la facoltà di recedere dal contratto senza congruo preavviso, i termini contrattuali “incriminati” possano essere dichiarati nulli. Sarà poi un giudice a rideterminare il compenso sulla base degli importi previsti dal decreto ministeriale adottato sulla base della 247 del 2012. Oltre a questo, il Guardasigilli ha confermato che il governo sta discutendo sul futuro rafforzamento del ruolo degli avvocati nei consigli giudiziari, con la possibilità di intervenire sui magistrati, e ha annunciato che è in preparazione un tavolo di confronto per il miglioramento delle tutele a favore delle donne avvocato. Sul primo punto si è, ovviamente, registrata la forte contrarietà delle toghe. Per Magistratura indipendente, che si dichiara pronta a iniziative di protesta, «si tratta di interventi che mettono in grave pericolo l’autonomia e l’indipendenza della magistratura e dei singoli magistrati». Numerose, infine, le mozioni approvate, che si trasformeranno in altrettante proposte da presentare al legislatore. Tra i temi trattati, il patrocinio a spese dello Stato (nella negoziazione assistita, per ampliamento delle fasce di reddito a favore di più deboli), la negoziazione e mediazione familiare, l’attività stragiudiziale di recupero crediti e infortunistica stradale, la modifica dell’istituto della mediazione civile, il ddl concorrenza, i consigli giudiziari, la mediazione tributaria, la giovane avvocatura. Filippo Fattore

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