ADOZIONI: L’appello degli enti. “Adozioni bloccate intervenga il premier” (La Repubblica)

LA REPUBBLICA

L’appello degli enti
“Adozioni bloccate intervenga il premier”
Dalla commissione che non si riunisce da due anni ai mancati finanziamenti: ecco i nodi da sciogliere

ROMA. Un appello ormai quasi disperato: «Presidente Renzi, ci aiuti a salvare le adozioni internazionali, ci sono migliaia di bambini che banno bisogno di una famiglia»). È questo il senso della lettera che pubblichiamo in questa pagina, lettera firmata da un gruppo dei più importanti enti che in Italia si occupano da anni di adozioni internazionali. Ventiquattro organizzazioni, dal Ciai all’Aibi, dal Cifa al Naaa, insieme al “Care”, che riunisce 33 associazioni familiari, hanno deciso di rivolgersi direttamente al presidente del Consiglio (a cui avevano chiesto un incontro finora non avvenuto), per segnalare la gravissima situazione in cui si trova oggi, nel nostro paese, l’intero “sistema adozioni”.
Un ambito nel quale invece l’Italia era leader fino al 2010, con migliaia dì figli grandi e piccoli, accolti ogni anno, e provenienti da ogni parte del mondo. Poi dal 2010 una crisi che ha fatto crollare le domande, un blocco causato certamente dalle progressive chiusure di molti paesi da cui arrivavano i bambini, ma anche dall’immobilismo delle istituzioni italiane. Perché è questo, senza giri di parole, il vero atto d’accusa degli enti autorizzati, ossia quelle organizzazioni che hanno i contatti con gli istituti nel mondo che raccolgono i bambini abbandonati. Ossia: la nostra Commissione adozioni internazionali (Cai) non sì riunisce ormai da due anni; non mantiene, dicono i firmatari della lettera, relazioni con i paesi esteri; non mantiene, neppure, gli impegni sui «finanziamenti dei progetti di prevenzione all’abbandono messi in atto dagli enti in quelle realtà».
Certo, l’adozione è un sistema che sta cambiando: ci sono nazioni la cui economia migliora e dunque si crea spazio per affidi nazionali, ci sono invece nazioni che chiudono per ragioni assai meno nobili, e cioè per ottenere cli più dai paesi ricchi, o per mostrare di non avere un problema infanzia all’interno dei propri confini, pur avendo purtroppo gli orfanotrofi pieni cli bambini. Ma è vero anche che nel mondo aumentano, come dicono i dati dell’Unicef, i piccoli (e non) in stato di abbandono. Dunque di famiglie che accolgano ci sarebbe un bisogne enorme, e non importa se questo avviene come risposta ad un problema di sterilità, o invece per il semplice desiderio di prendersi cura di chi non ha nulla. Ma ci vogliono progetti di cooperazione con i paesi che hanno bisogno di leggi, di anagrafi, di standard sicuri per l’adozione come già avevano anticipato gli enti, in una sorta di decalogo pubblicato su “Vita” e sull’Avvenire.
Invece sembra che nel nostro paese si sia bloccato tutto: nessun contatto tra i Cai e gli enti, paesi che attendono da anni la firma di accordi già pronti. E situazioni, come quella dei bambini del Congo, bloccati per tre anni in Africa, adesso finalmente “liberi”, eppure i loro genitori ancora non sanno quando potranno abbracciarli.

Foto del profilo di Andrea Gentile

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