MAGISTRATI: L`«outing» in ritardo dei soliti magistrati (Il Tempo)

IL TEMPO

Il caso E il «non luogo a procedere» su Ciancio per concorso esterno in associazione mafiosa spacca i tribunali
L`«outing» in ritardo dei soliti magistrati
Sulle intercettazioni irrilevanti ora sono tutti d`accordo: vanno tenute segrete

lun.29 – Da un parte il concorso esterno in associazione mafiosa, messo sempre più in discussione anche dai giudici; dall` altra le intercettazioni, sulle quali, dopo gli abusi che hanno determinato sputtanamento mediatico, crisi
politiche e il siluramento di Silvio Berlusconi, i magistrati fanno ammenda
e annunciano miracolose autoregolamentazioni.
Risultato: dopo decenni, quando i buoi sono già scappati, si tenta di riscrivere le regole del gioco. I fatti. Pochi giorni fa il gup di Catania, Gaetana Bernabò Distefano, emette una sentenza di «non luogo a procedere» nei confronti di Mario Ciancio Sanfilippo, editore del quotidiano La Sicilia accusato di aver preso parte a iniziative imprenditoriali in cui erano invischiati anche uomini di Cosa nostra. Nel prosciogliere Ciancio, il giudice, soffermandosi sul concorso esterno, spiega che «la creazione di una fattispecie di reato non può che essere demandata al legislatore, che deve farsi carico di stabilire i confini
di tale figura, secondo precisi criteri di ermeneutica giuridica», così da
non «lasciare all`interprete il compito di definire qualcosa che, allo stato, non è definibile». Per Distefano, dunque, allo stato il concorso esterno
«non è previsto dalla legge come reato» e occorre intervenire per «tipizzarlo».
Necessità espressa già da Giovanni Falcone. Da quanto riportato dal gup catanese, ha preso subito le distanze il presidente dell`ufficio del gip di Catania, Nunzio Sarpietro, persuaso che «la negazione del reato di concorso esterno è una decisione del tutto personale e isolata, poiché tutti gli altri giudici della sezione» lo ritengono «sicuramente ipotizzabile, come più volte stabilito dalla Corte di Cassazione». Il punto è che il concorso esterno, in effetti, non esiste nel nostro codice penale, ma è una «emanazione giurisprudenziale» su cui tentò di fare chiarezza, nel 1994, la sentenza Demitry (e successivamente altre), con la quale le sezioni unite della Cassazione sancirono l`esistenza di quel reato. Evidentemente non in modo inequivocabile, se è vero che ancora oggi ci sono giudici che chiedono
al parlamento di normarlo. Le motivazioni di Distefano non sono piaciute all` ex pro curatore capo di Palermo Gian Carlo Caselli, che ha parlato di «revisionismo negazionista», spiegando che in questo modo si fa «antimafia solo a metà». Le sentenze, si sa, piacciono solo quando seguono la solita corrente. Intanto Mario Giarrusso, componente della Commissione Antimafia del M5S, ha annunciato che chiederà formalmente la convocazione sia di Distefano che di Sarpietro.
Iniziative sorprendenti, perché in colpevole ritardo, anche sulle intercettazioni.
In attesa che il governo riempia di contenuti la legge delega in materia, il procuratore capo di Torino, Armando Spataro, ha varato delle linee guide per tutelare la segretezza delle conversazioni, stabilendo, ad esempio, che al termine delle indagini preliminari i magistrati dovranno estrapolare dal fascicolo quelle «irrilevanti» o contenenti «dati sensibili».
Dunque, l`«inutilizzabilità di determinate conversazioni» e la «riservatezza delle comunicazioni» sarà garantita dalla procura. E le intercettazioni, tra l`altro, non potranno essere trascritte nei brogliacci dalla polizia giudiziaria, che dovrà limitarsi a indicare, nelle informative, «data e ora della registrazione, senza alcuna sintesi delle conversazioni o indicazione delle persone tra cui siano intervenute».
Alla procura di Torino (che si è mossa dopo quella di Roma e sarà seguita
da Firenze) si è subito accodata quella di Napoli guidata da Giovanni Colangelo, che solo oggi, dopo che da quegli uffici è uscito di tutto, si pone
l`obiettivo di «evitare l`ingiustificata diffusione delle conversazioni estranee
e irrilevanti per le indagini». Plaude all`iniziativa di Spataro anche Giovanni
Legnini, vicepresidente del Csm. Tutto bene, dunque? Non proprio.
A parte il rischio di regole a «macchia di leopardo» e l`impossibilità di non notare che ci si sveglia con qualche decennio di ritardo e quando i danni sono stati tutti compiuti, ci si dimentica quanto spiegato persino dal segretario generale dell`Associazione nazionale magistrati, Maurizio Carbone, il quale,
pur d`accordo con Spataro, ha evidenziato che, in realtà, «cambia poco
o nulla», perché la direttiva «ricalca norme già esistenti» e che prevedono
lo «stralcio di conversazioni private che nulla hanno a che vedere con l`indagine». Esistenti e sempre ignorate. Luca Rocca

Foto del profilo di Andrea Gentile

andrea-gentile