MAGISTRATI: Il referendum e gli schieramenti toghe in trincea, bufera annunciata (Il Mattino)

IL MATTINO
Il referendum e gli schieramenti toghe in trincea, bufera annunciata
Da Spataro a Di Matteo: quando i magistrati mettono l`elmetto e si dichiarano

«Un atto di forza», è la frase meno dura. Eppoi «una maggioranza spuria e
costituzionalmente illegittima non può cambiare la Costituzione». Oppure
chi vota sì, sarà «inesorabilmente dalla parte sbagliata, come coloro che nel `43 scelsero male (cioè la Repubblica di Salò, ndr), pur in buona fede». Per concludere con una riforma «fondata sui valori “del clientelismo scientifico e organizzato”, del voto di scambio, della corruzione e del trasformismo». Non si è certamente trattenuto Francesco Maria Caruso, presidente del Tribunale di Bologna, finito nel mirino del Csm per un articolo dove è stato ripubblicato un suo post su Facebook.
Quando a Palazzo dei Marescialli (sede del Consiglio superiore della magistratura) e al Palazzaccio (dove è ospitata l`Associazione nazionale
magistrati) hanno letto “la dichiarazione di voto” di Caruso, più che sul
merito, si sono sorpresi della tempistica di quest`uscita. Anche perché finora,
cioè a meno di una settimana dal voto, non si era mai registrata dal
versante delle toghe un attacco così duro alla riforma costituzionale. E lo
sconcerto è stato più ampio dopo aver assistito a una campagna referendaria
nella quale i magistrati avevano ostentato un approccio quasi british. Avevano pesato ogni parola critica o favorevole, pubblica o privata – prima di essere scritta o pronunciata. Non che altri magistrati non si siano già espressi per il no. Lo ha fatto la stragrandissima maggioranza, mentre il sindacato più famoso della categoria, Magistratura democratica, ha anche aderito al comitato del No organizzato dai professori. Tra i primi a rivendicare il diritto a fare campagna in prima persona è stato il procuratore capo della Repubblica di Torino, Armando Spataro. Il quale ha anche bollato la propaganda per il sì al referendum come «slogan che non hanno nulla a che fare con il contenuto».
Il procuratore generale di Palermo, Roberto Scarpinato, si è chiesto se i nuovi costituenti volessero «restringere gli spazi di partecipazione democratica
e estromettere il popolo dalla macchina dello Stato». Sempre da Torino il pm Alfredo Robledo ha parlato di «rischio oligarchia». Concerto riveduto ed esteso dal collega palermitano, Nino Di Matteo: si va verso «una sorta di dittatura dolce».
Pochissimi invece quelli che pubblicamente hanno avuto il coraggio
di schierarsi sul fronte opposto, tanto che dal comitato Bastaunsì segnalano
come una vittoria la decisione di Magistratura indipendente di astenersi dalla campagna referendaria. Tra quelli che voteranno sì Riccardo Targhetti, procuratore aggiunto a Milano. Il quale ha spiegato a Repubblica: «Se a ottobre dovesse vincere il no sarebbe una catastrofe per l`Italia».
Qualche settimana fa a Salerno ha scatenato non poche polemiche vedere
il nome del pm della D da locale Vincenzo Montemurro (il magistrato
che aveva chiesto l`assoluzione di Vincenzo De Luca nel processo Sea
Park) a un convegno per il Sì organizzato da De Luca jr a Nocera inferiore.
Poi, dopo le proteste del centrodestra, quel nome è stato cancellato dal programma.
In questo clima, nelle scorse ore il comitato di presidenza del Csm ha
inviato al procuratore generale di Cassazione l`articolo di Caruso, proprio capire se ci sono gli estremi per promuovere un`azione disciplinare,
che potrebbe anche portare al trasferimento del capo del Tribunale di Bologna. Ma il timore è che quest`uscita possa rompere la pax decisa nella scorsa primavera tra i vertici del Csm e quelli dell`Anm. Proprio a maggio un componente dell`organo di autogoverno dei giudici, Piergiorgio Mo rosini,
aveva dichiarato al Foglio che dietro la riforma costituzionale si notava una «deriva autoritaria». Proprio per non avvelenare i pozzi Giovanni
Legnini e Pier Camillo Davigo avrebbero stretto un patto da gentiluomini,
con il sindacato delle toghe pronto a non schierarsi, ma lasciando
ai magistrati piena libertà di espressioni sulle loro intenzioni di voto.
E quando da Palazzo Marescialli fu lanciata la richiesta di un codice
deontologico per gestire le esternazioni, Davigo avrebbe replicato che
bastava quello dell`Anm. Che per la cronaca impone al magistrato di non
parlare solo dei procedimenti in corso, ma consiglia cautela sugli argomenti
di natura politica. Da allora tutto è filato abbastanza liscio. Anche perché il governo ha deciso di rallentare sulla riforma della prescrizione e ha accettato di portare l`età pensionistica per la categoria fino a 72 anni. Davigo, non certo timido davanti alla stampa, non ha voluto far sapere cosa avrebbe votato, pur
annunciando che «forse si sarebbe recato al seggio». Il Csm ha monitorato
in maniera molto discreta le dichiarazioni uscite e soprattutto i magistrati
hanno liberamente esternato le loro intenzioni. Che per la stragrandissima
maggioranza sono state dichiarazioni di voto per il No. «Ma fuori dai riflettori», racconta un ex membro del Csm, «molti colleghi, soprattutto
quelli favorevoli per il sì, hanno deciso di non ostentare le loro idee,
ma hanno partecipato a incontri, scambiato analisi sulle nostre mailing
list, sempre soffermandosi sul merito della riforma. Ma un approccio
così scientifico fa fatica a passare sui giornali». Francesco Pacifico

Foto del profilo di Andrea Gentile

andrea-gentile