L’INTERVISTA/2: Cantone: «La corruzione? Serve prevenzione che sia fondata su indicatori reali» (Il Sole 24 Ore)

IL SOLE 24 ORE

Cantone: «La corruzione? Serve prevenzione che sia fondata su indicatori reali»
«Gli indici di percezione distorcono la realtà e sono dannosi per combattere il fenomeno»

«Comincerò la mia relazione annuale al Parlamento, giovedì, dicendo che l’Autorità anticorruzione non dà i numeri per dire se la corruzione è aumentata o diminuita perché noi non vogliamo alimentare leggende metropolitane come quella che la corruzione in Italia vale 60 miliardi». Il presidente dell’Anac, Raffaele Cantone, non si sottrae al dibattito sugli indicatoridella corruzione in Italia: ci tiene, però, a spostare l’attenzione dal piano della rappresentazione, non di rado distorta, a quello della realtà, da un certo disfattismo di questa fase («improvvisamente sembra che tutto sia da buttare, anche il codice degli appalti che ha introdotto una riforma fondamentale con un larghissimo consenso») a una solida azione di prevenzione. «I dati sulla percezione della corruzione, pur quando elaborati da autorevoli organismi internazionali con metodologie corrette, come quelli di Transparency, possono essere pericolosissimi perché in molti casi danno una rappresentazione che distorce la realtà fattuale e non servono a combattere il fenomeno. Anzi, a volte vengono usati per dire che tutto va male e questo alimenta la sfiducia nella possibilità di combattere la corruzione. Il lavoro che stiamo facendo noi, invece, è costruire indicatori di anomalia costruiti su dati reali e oggettivi, come le proroghe degli appalti e delle concessioni o le aggiudicazioni senza gara di appalti che ci aiutano a capire quanto il mercato sia permeabile a fenomeni di corruzione. E da questi indicatori partiamo per mirare meglio la nostra azione di prevenzione».
Ci spiega la leggenda metropolitana della corruzione che vale 60 miliardi? La Corte dei Conti aveva affermato qualche anno fa che, se la corruzione riguardasse il 3% del Pil, si potrebbe stimare un valore di 60 miliardi. È come dire che se mia madre avesse le ruote sarebbe una bicicletta, un’affermazione di una totale banalità senza che il presupposto – cioè che la corruzione vale il 3% del Pil – sia stato minimamente provato. Ha senso mettere in circolazione numeri del genere che poi entrano nel circuito mediatico e addirittura nelle statistiche internazionali? Io penso non abbia senso e non sia utile a nessuno.
A proposito di rapporti fra realtà e rappresentazione, delle recenti inchieste sull’Expo cosa pensa? Anche in questo caso mi pare siamo nell’ambito di una grave distorsione della realtà. Certe inchieste, che sono svolte con rigore, vengono rappresentate con un’enfasi esagerata, con il risultato che quattro subappalti che sono davvero caramelle rispetto agli allarmi gravi che c’erano sull’Expo vengono raccontati o arrivano nella percezione dell’opinione pubblica quasi come se la mafia avesse messo le mani sull’Expo. Ricordo che l’imputazione è frode fiscale con aggravante dell’articolo 7 e che non c’è stata contestazione dell’associazione mafiosa. A chi giova questa enfasi? Non alla lotta alla corruzione o alla mafia. Si dimenticano le ottanta ordinanze interdittive che sono state emanate per tenere la mafia lontana dall’Expo. E le stesse intercettazioni di quella inchiesta dimostrano che la mafia non si è avvicinata all’Expo perché c’era una forte azione di vigilanza.

olemiche infondate, quindi. Anche sulla certificazione antimafia?
Anche qui una rappresentazione distorta allontana la verità, non la avvicina. È evidente che il controllo preventivo non potrà mai avere la stessa intensità dei controlli giudiziari sugli atti. La magistratura può fare intercettazioni, sentire collaboratori di giustizia, fare controlli sul territorio. Tutti strumenti che non sono a disposizione del prefetto.
Lei insiste da tempo sulla necessità della prevenzione. La repressione svolta dall’azione penale non aiuta? Diciamo che non basta. Per definizione le indagini legate all’azione penale cristallizzano una situazione passata. Non voglio dire che si tratti di una fotografia sbiadita o di archivio, ma certamente colgono un fatto compiuto che non aiuta a correggere il presente. Se vogliamo ridurre la corruzione serve una forte e costante azione di prevenzione, come quella che si è svolta sull’Expo. E all’interno dell’azione di prevenzione c’è anche la regolazione che serve anzitutto a far funzionare al meglio il mercato, ma aiuta anche l’azione di vigilanza e prevenzione.
Come interviene la regolazione in questo disegno di prevenzione?
Prendiamo ancora il settore degli appalti, dove il nuovo codice ha sostituito le vecchie norme rigide del regolamento generale con una soft law affidata all’Anac. Noi stiamo elaborando le linee guida in cui questa soft law si esplicita attraverso un forte coinvolgimento con gli operatori del mercato. Da loro aspettiamo indicazioni che riguardano comportamenti concreti sul mercato, il reale funzionamento del mercato, come risolvere una certa questione che si ripropone frequentemente o ridurre l’incertezza che una norma può creare o ancora semplificare finché possibile una certa procedura. E in questo lavoro stiamo scoprendo che il confronto con il mercato serve ad arricchire la norma, la adegua ai reali standard di utilità. Le norme spesso in passato erano scritte bene ma stavano in un mondo tutto loro, coerenti sul piano astratto e non aiutavano i comportamenti concreti. Erano norme lontane, calate dall’alto, che favorivano anche un approccio di osservazione costruito sulla percezione e quindi lontano, estraneo. Quello che noi stiamo creando di costruire è invece un sistema che consenta di individuare dove possano esserci situazioni patologiche e mirare quindi le norme dove possono correggere certi comportamenti del mercato. Come dicevamo a proposito delle recenti linee guida sugli appalti sotto soglia Ue, vogliamo dare flessibilità massima e semplificazione alle stazioni appaltanti, eliminando o limitando fortemente gli arbitrii.
Molte amministrazioni lamentano che non si combatte la corruzione con i piani anticorruzione che semmai rendono tutto ancora più burocratico e formale. Stiamo lavorando per rendere il piano anticorruzione meno burocratico. Non chiederemo a tutti un piano di 250 pagine ma un piano di 28 pagine e poi faremo approfondimenti con singole amministrazioni o settori su singole materie, come l’attività contrattualistica o il rilascio delle autorizzazioni urbanistiche. Giorgio Santilli

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