L’INTERVENTO: Perché bisogna difendere la giustizia amministrativa di Giovanni Verde (Il Mattino)

IL MATTINO

Perché bisogna difendere la giustizia amministrativa

di Giovanni Verde

Quando si p aria di giustizia di solito si p en sa alla giustizia penale, a volte alla giustizia civile, mai o quasi mai si pensa alla giustizia amministrativa. Eppure i giudici amministrativi sono chiamati a decidere se i provvedimenti
delle pubbliche amministrazioni sono o non legittimi; e spesso si tratta di provvedimenti di enorme importanza e valore. Non a caso gli uomini
di governo hanno mostrato non poche volte insofferenza nei confronti dei controlli dei giudici amministrativi. Ricordo che non molti anni fa Prodi, primo Ministro, ebbe a lamentarsi perché spesso le decisioni dei giudici
amministrativi, soprattutto quelle emesse in via d`urgenza, ponevano ostacoli all`azione di governo. E di recente lo stesso Renzi è intervenuto per ribadire che i giudici amministrativi rallentano l`azione dell`esecutivo.
E singolare che i politici, soprattutto quelli che hanno responsabilità di massimo livello, mostrino insofferenza nei confronti dei giudici amministrativi, là dove in dottrina esiste un forte partito che li vorrebbe sopprimere, in quanto li ritiene troppo contigui al potere pubblico.
Oggi, insomma, la magistratura amministrativa si trova tra l`incudine e il martello. L`incudine di chi non sopporta il controllo giurisdizionale
dell`azione amministrativa in nome di un efficientismo, che dà valore alla tempestività e all`immediatezza degli interventi nel campo dell`amministrazione pubblica; il martello di chi, al contrario, ritiene che il controllo assicurato dal giudice amministrativo sia troppo debole e compiacente, perché i giudici amministrativi, e in particolare quelli del Consiglio di Stato, sono troppo sensibili alle segnalazioni e, talora, alle lusinghe del potere.
Si potrebbe dire che un`istituzione di garanzia capace di scontentare tutti è per questa sola ragione un`istituzione credibile e che merita di essere conservata e salvaguardata. Appartengo alla schiera di coloro che sono di questo avviso. Proprio per questa ragione, tuttavia, guardo con attenzione e con non poca preoccupazione ad alcune peculiarità dell`organizzazione
dei giudici amministrativi e ad alcune vicende recenti. È, infatti, forte la tentazione del potere politico di condizionare i giudici amministrativi.
E ciò può avvenire in vari modi: con le lusinghe; con una commistione di ruoli; con un`incidenza significativa sulle nomine. La nostra Costituzione, che interna di giustizia raccolse le indicazioni della cultura del tempo, ha affidato al Consiglio di Stato un doppio ruolo: è organo di consulenza giuridico-amministrativa e di tutela della giustizia dell`amministrazione. In questo modo, il Consiglio di Stato, come giudice, spesso è chiamato a decidere di controversie nelle quali deve applicare disposizioni di legge o regolamenti su cui si è espresso in sede consultiva. In molti Paesi è possibile questa doppia funzione (Francia, Olanda, Belgio, Lussemburgo, Grecia), che, ad es., è consentita anche alla Corte di giustizia dell`Unione europea. Ma esistono Paesi che non l`ammettono (es., Inghilterra, Austria, Spagna, Germania, Portogallo). Tra i due sistemi, il secondo garantisce di più l`autonomia del
giudice. Per cambiare sarebbe necessaria una modifica della Costituzione. Ma un problema del genere non interessa nessuno.
C`è il problema della contiguità e delle lusinghe. I magistrati del Consiglio di Stato spesso sono chiamati ad esercitare le funzioni di capo di gabinetto dei Ministri o ad esercitare delicate funzioni di consulenza o altri incarichi, di
solito ben remunerati. Sono bravi e capaci, è indubbio. E assicurano una competenza che il personale proveniente dall`Amministrazione spesso non è in grado di assicurare. Di conseguenza, rinunciare a servirsi di queste capacità
rappresenta un prezzo assai alto. E, tuttavia, a mio modo di vedere, è un prezzo da pagare, di tal che l`affidamento di funzioni di supporto o
di consulenza agli organi di governo dovrebbe essere consentita in casi assolutamente eccezionali.
A ciò dovrebbe provvedere il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, che è organo di autogoverno dei giudici amministrativi
simile al CSM. Ma qui le ragioni delle corporazioni spesso prevalgono su ciò che sarebbe necessario e opportuno. Di conseguenza, l`unica via è quella di prevedere divieti per legge.
C`è, infine, il problema delle nomine. Presidente un quarto dei componenti del Consiglio di Stato sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica su deliberazione del Consiglio dei Ministri, previo parere del Consiglio di Presidenza. Nella prassi il Consiglio di presidenza indicava un sol nome per la nomina del Presidente e, per quanto riguarda i componenti,
il Governo si atteneva, di massima, alle indicazioni dello stesso Consiglio. L`attuale Governo ha preteso che fossero indicati cinque nomi tra cui scegliere (si tenga conto che coloro che avevano i requisiti per la nomina
erano una decina), così da assicurarsi una notevole discrezionalità, e ha imposto la nomina a consigliere di persone (fidate) per le quali il Consiglio di presidenza aveva espresso riserve pesanti per mancanza dei requisiti. La vicenda è preoccupante perché compromette l`immagine di autonomia e di terzietà del massimo consesso della giustizia amministrativa.
Ed è una vicenda che dovrebbe farci riflettere sulla necessità che, in democrazia, è importante che vi sia un adeguato sistema di pesi e contrappesi nelle istituzioni pubbliche, così che chi è chiamato (tramite l`investitura
del popolo) ad esercitare il potere non possa tracimare e allontanarsi, a guisa di satellite impazzito, dalla traiettoria della legalità costituzionale.
Il potere, ricordiamolo, è liquido e tende ad espandersi se non ci sono strutture idonee di contenimento. La nostra Costituzione si era preoccupata di predisporre un adeguato sistema di protezione delle nostre libertà democratiche, così che, quando si vuole modificare tale impianto, bisogna chiedersi se l`equilibrio che ha ben funzionato per settanta anni possa reggere allo stesso modo. La vicenda del giudice amministrativo, che illustra l`insofferenza del potere verso il controllo esterno e la tendenza a condizionarlo, rende chiaro il pericolo che si può correre in questo momento storico. E a chi, come me, crede nella necessità di un giudice amministrativo, rende manifesto che qualcosa bisogna cambiare perché questo giudice sia e appaia davvero terzo e imparziale, anche se, al riguardo, la Corte costituzionale purtroppo non ci ha aiutato, avendo sempre salvato il sistema esistente.

Foto del profilo di Andrea Gentile

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