FALLIMENTI: Concordati ad alto «prezzo» (Il Sole 24 Ore)

IL SOLE 24 ORE

Fallimenti. L’Osservatorio sulle crisi di impresa fa il punto sulle spese legate alle varie fasi della procedura
Concordati ad alto «prezzo»

Sab. 18 – Milano. Concordati ad alto costo. Tanto da mangiarsi quasi il 60% delle disponibilità liquide. È quanto emerge da una ricerca condotta da Oci (Osservatorio sulle crisi d’impresa) con il supporto scientifico dei docenti universitari Angelo Paletta (Bologna) e Alberto Tron (Pisa). Un’indagine condotta su 728 concordati di 13 tribunali in Toscana e Puglia, aperti dal 1 gennaio 2014 all’11 aprile 2016 che ha permesso tra altro un significativo focus sui costi della procedura. Tema oltretutto a elevata sensibilità “politica”, visto che i costi elevati della procedura vennero utilizzati circa un anno fa per corroborare la modifica alla Legge fallimentare che reintrodusse la percentuale minima di soddisfazione per i chirografari. Allora si sostenne che concordati assai dispendiosi hanno senso solo se assicurano comunica una pagamento minimo ai creditori commerciali. Adesso con in mano i dati dell’Oci è possibile un punto di riferimento più compiuto. Che attesta in buona sostanza un costo complessivo del concordato intorno ai 617mila euro tra parcelle dei professionisti, procedure di sanatorie e altro. A fare la parte del leone sono le spese sostenute dopo il deposito del ricorso e necessarie per lo svolgimento della procedura e quelle relative alla fase esecutiva.
Il 66% dei concordati è stato di natura liquidatoria. Il capitale al 65% era costituito da componenti di un’unica famiglia, percentuale “familiare” che si riflette poi anche sulla composizione del cda che ha deliberato sulla richiesta di concordato. Gli accordi di ristrutturazione dei debiti sembrano poi avere funzionato (nessun successivo concordato, né fallimento) intercettando un numero maggiore di spa, conservando una propria autonomia, e un sostanziale rispetto dei tempi previsti dalla legge, mentre i concordati sono stati la scelta da parte di un 70% di srl. Il 23% dei concordati esaminati è stato presentato con riserva utilizzando tutto il tempo a disposizione, a riprova del fatto, sottolinea Massimo Ferro (consigliere di Cassazione e “mente scientifica” di Oci), che da una parte il tribunale non ha ritenuto di intervenire abbreviando i termini, ma anche, dall’altra, visti gli esiti con un 23% di successivi fallimenti, un 4% di revoche e un 18% di inammissibilità, «che il debitore si è preso tutto il tempo a disposizione non tanto in vista del processo, ma proprio per la redazione di un piano che prima non c’era. Una responsabilità anche dell’inerzia del tribunale». Il concordato alla fine si rivela uno strumento tutto sommato inutilizzabile sia per un’emersione della crisi (le condizioni di presumibile insolvenza erano già esistenti 5 anni prima della presentazione nella stragrande maggioranza dei casi) sia per una vera ristrutturazione dell’impresa (le voci più gettonate su questo tema danno un 73% di riduzione del personale e un 40% di taglio dei costi per servizi esterni). Giovanni Negri

Foto del profilo di Andrea Gentile

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